martedì 29 novembre 2016

Il nuovo Senato

Il superamento del “bicameralismo perfetto” è forse il punto più importante e qualificante della riforma costituzionale. La propaganda urlata e indignata del No può sbraitare quanto vuole, ma si tratta sicuramente di un fatto innovativo e positivo. Il fatto che la Camera e il Senato abbiano esattamente le stesse funzioni e gli stessi poteri, è un’anomalia tutta italiana che andava superata, prima o poi. Si tratta di un doppione inutile. Una sola Camera è sufficiente per il processo legislativo e democratico. Comunque l’assetto costituzionale italiano non cambia. Il nostro sistema resta parlamentare. Però si semplifica e si razionalizza.
630 deputati bastano (e avanzano) per votare la fiducia al governo, approvare le leggi, rappresentare gli interessi e gli ideali dei cittadini in un’assemblea elettiva nazionale. Questa Camera sarà eletta con un nuovo sistema elettorale: che esso sia maggioritario e con i collegi elettorali (come spero) o proporzionale con le preferenze (come prevedo e temo) non c’entra nulla con l’argomento di cui stiamo parlando. Anche nel nuovo assetto che dovesse scaturire dalla vittoria del Sì e dall’Italicum, modificato o no, il governo sarà sempre legittimato solo dalla fiducia del Parlamento. Chiaro…?
Quale sarà la composizione del nuovo Senato? I 74 senatori/consiglieri regionali saranno eletti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri” (una formula molto generica, imposta da Bersani). Per le modalità di elezione, la riforma rimanda alla legge ordinaria: in questo non c’è nulla di scandaloso, poiché da sempre le leggi elettorali NON sono inserite nella Costituzione. La legge elettorale del Senato, per evidenti ragioni, poteva essere fatta solo dopo, non prima del referendum confermativo.
In ogni caso, sarà sottoposta al giudizio preventivo di legittimità della Corte costituzionale.
Quali saranno le prerogative, cioè le competenze, del nuovo Senato?
Sicuramente sarà molto ridimensionato nelle funzioni. La riforma indica l’iniziativa di legge davanti alla Camera, e tutta una serie di altre funzioni - di raccordo con lo Stato e le sue articolazioni, con l’Unione europea, di valutazione delle leggi e delle pubbliche amministrazioni, di valutazione delle nomine, più vari pareri e attività conoscitive – tutte o quasi riconducibili a un unico, fondamentale criterio: si tratta di funzioni che chiamano in causa direttamente “l’interesse dei territori”, che sarà il compito istituzionale del nuovo Senato.
Infine, la riforma indica alcuni aspetti nei quali il Senato continua a concorrere effettivamente al processo legislativo. Essi riguardano le leggi che hanno un impatto nazionale (le leggi costituzionali, i referendum eccetera) le leggi che hanno uno specifico rilievo regionale e locale (per le ragioni che abbiamo visto) e le leggi che riguardano direttamente il Senato stesso (modalità di elezione, ineleggibilità, incompatibilità eccetera).
Insomma la materia è complessa. Però non si può bocciare la riforma con la scusa che “è un gran casino”, perché è un gran casino anche lasciare le cose come stanno. I dettagli tecnici, gli aspetti giuridici sono complicati, ma tutti possono capire il senso della riforma nei suoi aspetti di fondo.

(Domani, se riesco, scriverò della riforma riguardo ai rapporti fra poteri del governo ed enti periferici).

lunedì 28 novembre 2016

Temono la "deriva autoritaria", inneggiano a Castro

    Cuba. Penso a tutti quei poveri ragazzi innocenti fatti fucilare da Che Guevara, quello della "Querida Presencia" e del suo "Amòr Revolucionario". Penso a tutti gli oppositori perseguitati, incarcerati, condannati a morte e fucilati, oppure morti di stenti nelle condizioni più disumane. Penso agli omosessuali perseguitati. Agli intellettuali oppressi e tormentati, ai quali è stata resa la vita impossibile. A una dittatura soffocante, asfissiante, invasiva. Comunista appunto. Un solo governo, dal 1960 a oggi. Un dittatore che cede il potere al fratello, come se fosse una cosa "sua", e un partito unico che è insieme Stato e mafia. A tacere di quello che hanno fatto i militari cubani in Africa, negli anni '70, al servizio dell'Unione sovietica. Guerre, stragi, violenze a supporto dei peggiori dittatori, i più sanguinari, purché alleati di Mosca. Questo è Cuba, per chi ha voglia di vedere. Questo è stato il comunismo cubano. Adesso Castro è morto, la dittatura castrista è al tramonto. Io spero che crolli definitivamente e che i cubani possano finalmente scegliersi un governo con libere elezioni, libertà di stampa, libertà di associazione, libertà di circolazione, libertà di manifestazione, libertà economica e commerciale, multipartitismo. Questo spero: si chiama "democrazia". Dopo la morte del dittatore, aspetto la morte della dittatura. Una dittatura "comunista", senza bisogno di ulteriori specificazioni. Coloro invece che compiangono Fidel Casto (salvo indignarsi perché "Renzi occupa la Rai" e temono la "deriva autoritaria" perché la riforma costituzionale porterebbe"un uomo solo al comando") coloro che inneggiano alla dittatura e sono nostalgici del comunismo, abbiano la compiacenza di levarsi dai piedi. Non ho intenzione di discutere con loro, non sono interessato alla loro "amicizia", in nessun caso e in nessun ambito.

venerdì 25 novembre 2016

L’Economist contro Renzi. E contro l’Italia

Il giochino di fare scrivere bene di te, o male del tuo avversario, sui "prestigiosi" giornali esteri, è l'ultimo trucchetto da furbi della politica italiana. E’ abbastanza facile trovare qualche giornalista estero compiacente che scriva a favore del governo italiano. Ma è ancora più facile trovarne un altro che scriva "contro" il governo italiano. Basta rappresentare alcuni interessi, oppure alcuni altri, e trovare chi difende questi interessi, oppure gli altri. Sono i nuovi espedienti politici del mondo globalizzato.
Aggiungo che in Europa, ma ora anche negli Stati Uniti, a Mosca, nella penisola araba, non è affatto difficile trovare qualcuno che abbia l’interesse a fare cadere il governo Renzi. Per non andare troppo lontano, immagino che nel Regno Unito, dopo la Brexit, molti sperano che l’intera Unione europea esploda in mille pezzi. Qualcuno può aver pensato che, se cade Renzi, di lì a poco salterà l’Italia intera, paese fondatore e anello debole  - visto il debito pubblico - della catena europea.
Perciò che il “prestigioso” quotidiano inglese The Economist faccia il tifo per il No, non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno: risponde agli interessi economico-finanziari di quel paese. Agiscono contro Renzi, perché sono contro l’Europa e contro l’Italia. L’Europa debole e divisa in tanti piccoli stati, ognuno con la sua moneta inflazionata, le sue barriere doganali e i suoi muri anti-immigrati, è il sogno non solo del Regno Unito, ma anche di Trump, di Putin, di Erdogan, dell’Arabia saudita, del Qatar…

Non stupisce che tutti costoro facciamo il tifo per Grillo e Salvini. Non stupisce affatto che sostengano le ragioni del No. Stupisce e amareggia invece che molti italiani non lo capiscano.

martedì 22 novembre 2016

Liberali per il SI'

Con alcuni amici, abbiamo deciso di lanciare questo appello (in calce, i nomi dei promotori). Nei prossimi giorni sarà pubblicato in un'apposita pagina di Facebook, dove tutti potranno sottoscriverlo. Grazie a quanti vorranno sostenere questa iniziativa, firmando e diffondendo questo testo.
• Superare il bicameralismo paritario.
L’Italia è l’unico Paese europeo con due camere uguali nei poteri e nelle funzioni: l’anomala duplicazione delle procedure ha provocato veti reciproci tra i partiti con conseguenti scambi risoltisi in legislazione farraginosa e costi riversatisi sul debito pubblico.
E’ ben noto che, in sede di Costituente, i due partiti maggiori, incerti su chi avrebbe governato, hanno concordato sul punto di non rendere nessuno abb...astanza influente per governare: è venuto così il tempo di superare l’anomalia italiana.
• Semplificare i rapporti Stato-Regioni
Buona parte della spesa inutile e improduttiva è dipesa dalla disastrosa istituzione delle Regioni che è stata poi aggravata dalla riforma del titolo V della Costituzione che, con le “competenze concorrenti”, ha determinato continue conflittualità che costano ai cittadini in tempi e burocratismo.
Vari grandi temi come le reti di trasporti di cose e persone, la distribuzione dell’energia e la formazione professionale devono competere allo Stato.
Allo stesso modo va controllato il costo delle Regioni, premiando i bilanci più virtuosi e sanzionando il deficit di quelle che aumentano il debito.
L’alleanza di chi si oppone alla riforma non ha alcun punto di accordo su un progetto alternativo rispetto al quesito del 4 dicembre: la scelta di antiparlamentaristi, antieuropeisti o di vecchi governanti alla ricerca di una rivincita è semplicemente distruttiva.
• Democrazia liberale
La democrazia si rinnova con le riforme che, nel continuo divenire della società aperta, non sono mai definitive.

Si dunque: per l’Italia e la democrazia liberale.
Giammarco Brenelli, Salvatore Carrubba, Alessandro Litta Modignani, Franco Morganti, Luigi Paganelli, Cesare Prevedini.
(aderisci e diffondi: seguirà testo con tutte le adesioni)

sabato 19 novembre 2016

"Israele - Diario di un assedio", di Ugo Volli

Un merito, sopra tutti gli altri, andrebbe riconosciuto a “Informazione Corretta”: non esiste in Italia nessuna altra fonte - proprio nessuna - che fornisca quotidianamente un panorama così esauriente e completo su quanto viene scritto e pubblicato, riguardo a Israele, il Medio Oriente e gli ebrei. Tutto ciò che si può leggere, da Libero a Il Manifesto; tutto ciò che scorre fra l’amore e l’odio per Israele; tutto ciò che spazia dall’ebraismo all’antisemitismo, trova nel sito fondato nel 2001 da Angelo Pezzana un puntuale riscontro, quasi sempre accompagnato da un’analisi critica o da un breve commento.
Ma IC non è un’agenzia, non si limita a collettare articoli di stampa. E’ un sito c­­­he si avvale di una squadra di combattivi commentatori, fra i quali spicca il nome di Ugo Volli, autore delle giornaliere “Cartoline da Eurabia”, che per quasi otto anni - a partire dal febbraio 2009 – hanno rappresentato l’articolo di fondo di questo originale quotidiano on line. In occasione del 15.mo anniversario di Informazione Corretta, la casa editrice Proedi pubblica una raccolta di oltre 300 di questi editoriali, con il titolo emblematico “Israele – Diario di un assedio”.
Anche per chi non condivide necessariamente il punto di vista del “falco” Volli, questo volume di oltre 600 pagine rappresenta uno strumento prezioso, che consente un utile ripasso di tanti episodi anche secondari o marginali, in gran parte ignoti, ignorati o caduti nel di­menticatoio, del conflitto mediorientale.
Nel fuoco della polemica contro l’aggressività araba e il terrorismo islamico, contro il conformismo dei media europei, contro la politica di appeasement della diplomazia internazionale, l’autore trova il tempo per la sua “battaglia delle idee”, che conduce con spunti e riflessioni di notevole interesse culturale.
In riferimento all’opinione pubblica europea, Volli chiama in causa duramente quello che egli definisce “l’antisemitismo morbido”, che conta fra le sue fila anche alcuni intellettuali ebrei o di origine ebraica. Uno degli scritti più stimolanti del volume è del febbraio 2013, in polemica con Sergio Luzzatto ed Enzo Traverso. Secondo costoro, dopo il 1950 la cultura ebraica si sarebbe inaridita in una svolta conservatrice, causata da un lato dalla Shoah, da un altro lato dalla nascita di Israele, in particolare dopo la Guerra dei Sei Giorni del ‘67. Questi fattori avrebbero portato gli ebrei a “riconciliarsi con le passioni identitarie e con le ragioni politiche delle destre occidentali”. Secondo questo schema, osserva Volli, gli ebrei buoni sarebbero quelli affrancati in precedenza dall’ebraismo, gli ebrei cattivi quelli che invece sostengono Israele e si nutrono di “passioni identitarie”. “Ringraziando Traverso e Luzzatto per l’amore che portano agli ebrei che si suicidano o sono uccisi, preferisco di gran lunga essere un ebreo vivo, circondato da altri che hanno il merito di fare vivere il popolo ebraico”.
Perché tutto il mondo se la prende con Israele? è la domanda retorica di Volli, che risponde citando un’intervista ad Aharon Appenfeld, pubblicata su La Stampa nel 2012: “Perché gli israeliani sono ciò che rimane degli ebrei. Gli ebrei europei prima della guerra erano 12 milioni, oggi meno di un milione. Al limite si può odiare un vicino di casa, ma se non ce ne sono più, come si fa a odiarli? Odiare gli ebrei in Europa è un anacronismo”. Quindi, secondo lei, essere anti-israeliani è come essere antisemiti? chiede l’intervistatore. “Sì, certamente”, risponde Appenfeld, e con lui Ugo Volli.



venerdì 18 novembre 2016

I tanti risparmi della riforma costituzionale

Risparmiare il denaro pubblico, eliminando sprechi e privilegi assurdi, è un dovere morale. Non sarà certo questa la soluzione ai problemi dell’economia italiana, è vero, ma resta il fatto – difficilmente contestabile – che razionalizzare l’ordinamento dello Stato, tagliare alcune spese istituzionali, ridurre i costi della politica è giusto e necessario. Si tratta, ripetiamolo, di un’esigenza di elementare moralità.
Angelo Panebianco ha scritto sul Corriere della Sera del primo novembre che la politica non deve suicidarsi, correndo dietro al qualunquismo, come quando sostiene, per esempio, che una delle principali virtù della riforma costituzionale sia la riduzione del numero dei parlamentari. Panebianco ha ragione, infatti non si tratta affatto “principalmente” di questo, e ancor meno “solo” di questo. Però si tratta “anche” di questo. La riforma realizza alcuni significativi risparmi, in vari ambiti, per corrispondere a una richiesta giusta e pressante dell’opinione pubblica. Vediamoli in dettaglio.
1)      I senatori sono ridotti da 315 a 100; inoltre la riforma impedisce ai sindaci e consiglieri regionali che assumeranno l’incarico di senatore, di percepire un’indennità supplementare per questo incarico. Già per effetto di queste sole due modifiche, il Senato costerà molto di meno.
2)      Sui costi del Parlamento inciderà positivamente anche la norma che prevede l’integrazione funzionale delle amministrazioni di Camera e Senato, con servizi comuni, impiego coordinato delle risorse umane, ruolo unico dei dipendenti eccetera. Un’altra razionalizzazione che consentirà di risparmiare sul personale e sull’attività.
Varie sono le economie che si realizzeranno poi a livello regionale.
3)      Se vinceranno i Sì, i consiglieri regionali non potranno percepire un compenso superiore a quello del sindaco del capoluogo di regione. Per chi non lo sapesse, oggi le retribuzioni dei consiglieri regionali sono letteralmente SCANDALOSE, ben camuffate e suddivise in varie voci. Una spesa tanto più immorale, in quanto relativa a un’attività quasi inesistente: un consiglio e un paio di sedute di commissione alla settimana, spesso “saltando” settimane o mesi interi. Una vergogna, se paragonata all’impegno richiesto al sindaco di una grande città. Se non passa la riforma, nessun governo in futuro potrà intervenire su questo.
4)      Le spese dei gruppi consiliari regionali – un altro sperpero inqualificabile – non potranno più gravare sulla finanza pubblica (articolo 40 delle disposizioni transitorie finali).
5)      I costi per il funzionamento delle Regioni e degli enti locali saranno determinati da indicatori statali, sulla base di criteri di “efficienza”. In altre parole: basta sprecare a piene mani i soldi dei cittadini ammantandosi di nobili parole quali “autonomia amministrativa”, “federalismo fiscale”, “indipendenza” (della Padania o della Sicilia) eccetera. La pacchia è finita.
Infine, vi sono altri due tagli doverosi, positivi e difficilmente contestabili:
6)      L’abolizione definitiva delle province: meglio tardi che mai.
7)      L’abolizione del CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro). Il più inutile degli enti inutili, inserito nella “Costituzione-più-bella-del-mondo” in omaggio alle ideologie novecentesche – corporativismo compreso – e istituito nel 1957. Non è mai servito concretamente a nulla e ha generato una spesa ingiustificatamente alta. Sulla sua abolizione prima erano tutti d’accordo, ma in un’intervista Susanna Camusso è riuscita a trovare da ridire anche su questa abolizione. Potenza del renzismo.
Nell’insieme, queste misure comportano un notevole risparmio, per le casse dello Stato. Tutti dovrebbero ammetterlo. Ma siccome questi risparmi sono difficili da quantificare, ecco i sostenitori del No blaterare che in realtà si risparmia poco o nulla. La riforma l’ha fatta Renzi, non si può fare altro che opporsi, urlare No e proclamare: “Quando saremo noi al governo, faremo BEN ALTRO! BEN ALTRO!”


martedì 15 novembre 2016

Chi è il diretto responsabile dell'AIRE?

Agli italiani residenti a Gerusalemme è stata recapitata la lettera di Matteo Renzi, che invita a votare Sì al referendum, indirizzata a: "Gerusalemme, Palestina". E' una vergogna, da non sottovalutare.
Come è stato ben specificato, questa lettera NON era una iniziativa istituzionale. Dunque, apparentemente, il governo non c'entra nulla: si tratta di una lettera "PRIVATA", del Comitato per il Sì, inviata a tutti gli italiani residenti all'estero, iscritti all'apposita Anagrafe (Aire). Nè Renzi né Gentiloni possono essere ritenuti responsabili politicamente o personalmente di questa offesa.
Ma il problema rimane.
Se la lettera è "privata", gli indirizzari sono "pubblici", a disposizione di tutti. La prima, doverosa domanda è: chi detiene e cura questa anagrafe? Chi ne è il diretto responsabile? Perché in un indirizzario pubblico, anzi DI STATO, è scritto "Gerusalemme, Palestina"? Chi lo ha scritto, e quando? Immagino che questi indirizzari siano stati compilati anni or sono, sotto un altro governo e un'altra amministrazione. Magari, che so, per iniziativa del governo, e del ministro, che a suo tempo si fecero promotori dell'iniziativa di fare votare i nostri connazionali in giro per il mondo. Vuoi vedere che...? Forse ne scopriremo delle belle.
Oppure tante altre lettere, tante altre volte, sono state spedite agli stessi destinatari, ma PER LA PRIMA VOLTA, solo in questa occasione, recavano questo insultante indirizzo?
Dunque la domanda principale rimane: chi è, direttamente e materialmente, il responsabile dell'AIRE?

lunedì 14 novembre 2016

Il Parlamento “delegittimato”: altra panzana

Un’altra bufala messa in circolazione in questo periodo dai sostenitori del No è quella secondo cui questo governo (“che non è mai stato eletto dal popolo”) e questo Parlamento (“eletto, anzi nominato con una legge dichiarata incostituzionale da una sentenza della Corte”) non sarebbero legittimati – anche dal punto di vista formale, legale e giuridico – a proporre e a votare una riforma costituzionale. Si tratta di tesi del tutto inconsistenti e infondate, e anche un po' ridicole.
Punto primo. In Italia siamo in “regime parlamentare”. Cioè il governo trae legittimità unicamente dalla fiducia del Parlamento. Da nient’altro. Nessun governo, dal ’48 a oggi, è mai stato eletto direttamente “dal popolo”. Il popolo elegge il Parlamento, il Parlamento vota (o nega) la fiducia al governo. E basta. Negli ultimi 20 anni, l’introduzione di un sistema elettorale maggioritario (prima il Mattarellum, poi il Porcellum) ha creato in molti un errore di percezione: costoro hanno avuto “l’impressione” di eleggere il governo, tramite un leader e la sua coalizione vincitrice (Berlusconi, Prodi). Ma non è stato così. Infatti, ogni volta che quella maggioranza è saltata, se ne è creata un’altra e il Parlamento ha votato la fiducia a un altro governo (non mi dilungo negli esempi). E così sarà in futuro, anche dopo l’eventuale vittoria del Sì alla riforma costituzionale, perché la riforma non tocca la natura del regime parlamentare. Questo governo è legittimo quanto tutti i precedenti.
La seconda tesi, secondo cui il “Parlamento dei nominati” non sarebbe autorizzato a modificare la Costituzione, perché delegittimato dalla Corte, è appena un poco più insidiosa e suggestiva, ma altrettanto infondata.
La sentenza della Corte costituzionale (1/2014) che ha dichiarato parzialmente incostituzionale la legge elettorale, dice chiaramente che la decisione “non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esisti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto”. E aggiunge che, “del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali”.
Il linguaggio è ostico, ma il significato è chiaro. Nessun equivoco è possibile. Eppure c’è chi tenta di sollevare polveroni pseudo-giuridici, confidando nella complessità della materia.
E’ il caso del prof. Guido Calvi, ex senatore Pds, membro non togato del Consiglio Superiore della Magistratura, che ancora nei giorni scorsi ha sostenuto che “la sentenza della Corte costituzionale del 2014, dichiarando incostituzionale il Porcellum, ha anche prescritto che il Parlamento “rimaneva legittimamente in carica solo (???) per poter fare una nuova legge elettorale”, mentre invece si è messo mano alla Costituzione”.
Questa sparata, sparsa ai quattro venti dai “Giuristi del No”, è evidente frutto di malafede e disonestà intellettuale. Calvi non può non conoscere la sentenza della Corte, che oltretutto più avanti specifica:
E’ pertanto fuori da ogni ragionevole dubbio che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari e indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare”.

Non bisognerebbe mai contrabbandare le proprie opinioni come legge per tutti; e meno che mai confondere i desideri con la realtà. Non si fa, senatore Calvi.

giovedì 10 novembre 2016

"Per la gloria", di James Salter (Guanda)

        A sessant'anni dalla prima edizione, Guanda Editore ripropone al pubblico italiano "Per la gloria" (The hunters) il primo e più celebre romanzo di James Salter, un classico della letteratura di guerra. La mia recensione, sul quotidiano Il Foglio di stamane.

      http://www.ilfoglio.it/libri/2016/11/10/per-la-gloria___1-vr-150879-rubriche_c332.htm

mercoledì 9 novembre 2016

E adesso chi farà appello alla calma, Trump?

Ieri sera ho rivisto in dvd "L'ospite inatteso", un bellissimo film americano di Tom McCarty, con un Richard Jenkins da oscar. E’ un film "democratico" del 2008, in tema di immigrazione e società multietnica, girato al tramonto dell'era Bush. Eravamo alla vigilia della vittoria di Obama, ma il regista non poteva saperlo. Anch'io non lo sapevo, ma è stato il mio personale congedo dall'America democratica di questi anni. Lo avrei scoperto solo qualche ora più tardi. L’ospite inatteso, era Trump. Pazienza.
Sono molto avvilito e preoccupato, come tanti di voi immagino.
Temo soprattutto che, al prossimo afro-americano abbattuto come un cane dalla polizia, si scateni una tale ondata di violenza da fare impallidire il ricordo delle rivolte nere del '68. In America quasi tutti hanno un’arma e sanno usarla, come del resto piace ai sostenitori di Trump. E allora chi farà appello alla calma? Chi, Trump forse...?
Coraggio, amiche e amici. Sforziamoci di pensare positivo e di essere ottimisti. Si tratta di quattro anni. I Democratici americani hanno quattro anni di tempo per costruire la leadership di un/una quarantenne brillante, innovativo e capace. E se Trump farà troppi danni, il vecchio e glorioso Partito Repubblicano avrà quattro anni di tempo per trovare un candidato conservatore più serio e credibile, che sappia sbarrargli la strada. O forse Trump non farà troppi danni, perché si renderà conto che vedere la politica “dall’alto”, e prendersi la responsabilità di governare, è tutt’altra cosa, rispetto a vincere una campagna elettorale.

Di tutte le ipotesi, quest’ultima mi sembra la meno probabile.

martedì 8 novembre 2016

“Entriamo nel merito! Entriamo nel merito!”. E poi…

Voto Sì al referendum, sia per valutazioni di ordine politico generale, sia per un giudizio positivo sulla riforma costituzionale. Ogni volta che sottolineo le mie ragioni politiche, i sostenitori del No si inalberano: "STIAMO VOTANDO UNA RIFORMA COSTITUZIONALEEEE...!!!". E ogni volta che affronto la riforma, ne faccio lo spezzatino, la esamino punto per punto, e cerco di spiegare le ricadute positive dell'uno o dell'altro aspetto, gli stessi sostenitori del No mi spiegano che la loro contrarietà è sulla riforma “nel suo complesso”, non su questo o quel singolo punto di cui parlo, sul quale - magari a denti stretti - sarebbero anche disposti a dirsi d'accordo con me.
Oppure non rispondono nulla, perché non sanno cosa dire. Forse non conoscono neanche tanto bene il testo, non hanno fatto la fatica di studiarlo come invece ho fatto io, povero ingenuo. Ho partecipato a discussioni davvero surreali, su facebook. Personalità anche autorevolissime mi hanno dimostrato – con i loro post – di non conoscere affatto la materia oggetto del contendere.
Per esempio, qui nel mio blog ho dimostrato, cifre alla mano, che non è affatto vero che con questa riforma, abbinata alla legge elettorale, "il governo potrà eleggere il Presidente della Repubblica e i giudici costituzionali". Lo abbiamo sentito ripetere tutti un milione di volte, eppure E’ FALSO. E’ una tesi priva di qualsiasi fondamento, giuridico, politico e anche semplicemente aritmetico.
Ho anche scritto delle garanzie maggiori, e non minori, che la riforma garantisce alle opposizioni parlamentari; della limitazione alla decretazione d'urgenza, dei disegni di legge governativi “a data certa”, del "giudizio preventivo di costituzionalità" sulle leggi elettorali. Niente da fare. Di fronte ad argomenti precisi, a un’analisi approfondita del testo, i sostenitori del No non sanno cosa dire: o inveiscono, o tacciono.

Nei prossimi giorni parlerò dei risparmi che la riforma comporta, ma soprattutto del nuovo Senato.

venerdì 4 novembre 2016

"Gli atei mi annoiano, perché parlano sempre di Dio"

Un tizio in Israele dice che il terremoto in Italia centrale è un castigo di Dio, per punire l'Italia che si è astenuta nel vergognoso voto all'Unesco contro Israele. Un altro tizio, ai microfoni di Radio Maria, dice che il terremoto in Italia centrale è un castigo di Dio, per punire l'Italia che ha approvato la legge sulle unioni civili. Questo per quanto riguarda ebrei e cattolici. Potrei fare altri esempi, ancor più eclatanti, su cristiani protestanti e ortodossi, per non parlare dei musulmani. Ma è inutile. Mi chiedo, e vi chiedo: forse una riflessione di fondo, non episodica, sulle religioni in generale, e sul c.d. "timor di Dio", e sulla stessa esistenza di un Dio creatore, andrebbe fatta, o no? Quanto tempo ancora dovrà passare, quante altre cose dovranno succedere, prima che l'umanità prenda finalmente coscienza del fatto che Dio è un prodotto dell'immaginazione umana, una finzione della nostra mente, una proiezione del nostro desiderio di assoluto...? Costa davvero così tanto, è così doloroso dover finalmente confessare a se stessi che è l'uomo che ha creato Dio, e non il contrario? Fatelo infine, serenamente, e vi ritroverete magari un po' più in pace con voi stessi. Questa vita è tutto quello che abbiamo: cerchiamo dunque di godercela in tutta libertà, nei limiti del possibile, e di convivere nella tolleranza reciproca. Parliamone. Concordiamo delle regole, mettiamoci d'accordo fra di noi. Trattiamo, senza pregiudizi.
(La citazione del titolo è tratta da "Opinioni di un clown", di Heinrich Boll, un romanzo che io ho amato molto).

martedì 1 novembre 2016

Il giudizio “preventivo” sulla legge elettorale

La riforma costituzionale di Renzi aumenta i diritti e le garanzie per le opposizioni anche per quanto riguarda la legge elettorale. Il nuovo articolo 73, infatti, prevede che la Corte costituzionale possa valutare le leggi elettorali della Camera e del Senato, PRIMA che esse entrino in vigore.
In particolare, questo “giudizio preventivo di costituzionalità” può essere richiesto alla Corte Suprema su iniziativa di un quarto dei membri della Camera, oppure di un terzo dei membri del Senato. Questa norma, pertanto, rafforza il ruolo e le prerogative delle opposizioni, introducendo una tutela che assolutamente NON ESISTE nella Costituzione attuale.
La richiesta può essere avanzata entro dieci giorni dall’approvazione della legge; la Corte costituzionale, a sua volta, deve pronunciarsi entro trenta giorni.
Questa nuova formulazione è stata studiata per evitare che si ripeta quanto accaduto nel gennaio 2014, quando la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità della legge elettorale vigente (il famigerato Porcellum) che era stato introdotto ben otto anni prima (dicembre 2005). Prima che la Corte si pronunciasse, gli italiani avevano già votato tre volte con questo sistema (2006, 2008 e 2013).
Anche se la Corte ha stabilito che il giudizio di (parziale) incostituzionalità non comporta affatto, automaticamente, la illegittimità del Parlamento, è chiaro a tutti che questa situazione era da sanare.
E’ utile anche ricordare che attualmente si può chiedere il giudizio della Corte costituzionale solo su iniziativa di un giudice durante un processo, oppure in caso di conflitto di potere fra lo Stato e le Regioni. Il “giudizio di costituzionalità preventivo” non è previsto nel nostro ordinamento (con la sola eccezione degli Statuti regionali). L’inserimento di questa norma in Costituzione era doveroso. Essa legittima l’operato del Parlamento, tutela l’opposizione, rafforza il sistema istituzionale nel suo complesso.

I fautori del No possono continuare ad abbaiare alla luna.