La riforma costituzionale di
Renzi aumenta i diritti e le garanzie per le opposizioni anche per quanto
riguarda la legge elettorale. Il nuovo articolo 73, infatti, prevede che la
Corte costituzionale possa valutare le leggi elettorali della Camera e del
Senato, PRIMA che esse entrino in vigore.
In particolare, questo “giudizio preventivo di
costituzionalità” può essere richiesto alla Corte Suprema su iniziativa di un
quarto dei membri della Camera, oppure di un terzo dei membri del Senato.
Questa norma, pertanto, rafforza il ruolo e le prerogative delle opposizioni,
introducendo una tutela che assolutamente NON ESISTE nella Costituzione
attuale.
La richiesta può essere avanzata
entro dieci giorni dall’approvazione della legge; la Corte costituzionale, a
sua volta, deve pronunciarsi entro trenta giorni.
Questa nuova formulazione è stata
studiata per evitare che si ripeta quanto accaduto nel gennaio 2014, quando la
Corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità della legge elettorale
vigente (il famigerato Porcellum) che era stato introdotto ben otto anni prima
(dicembre 2005). Prima che la Corte si pronunciasse, gli italiani avevano già
votato tre volte con questo sistema (2006, 2008 e 2013).
Anche se la Corte ha stabilito che
il giudizio di (parziale) incostituzionalità non comporta affatto,
automaticamente, la illegittimità del Parlamento, è chiaro a tutti che questa
situazione era da sanare.
E’ utile anche ricordare che
attualmente si può chiedere il giudizio della Corte costituzionale solo su
iniziativa di un giudice durante un processo, oppure in caso di conflitto di
potere fra lo Stato e le Regioni. Il “giudizio di costituzionalità preventivo”
non è previsto nel nostro ordinamento (con la sola eccezione degli Statuti regionali).
L’inserimento di questa norma in Costituzione era doveroso. Essa legittima
l’operato del Parlamento, tutela l’opposizione, rafforza il sistema
istituzionale nel suo complesso.
I fautori del No possono
continuare ad abbaiare alla luna.
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