sabato 21 gennaio 2017

Trump sposta gli Usa da Atene a Sparta

Donald Trump ha fatto un discorso veramente pessimo: nazionalista, isolazionista, protezionista, proibizionista. E populista ovviamente, contro quei “politicanti di Washington” di cui leggevamo da bambini nei fumetti di Tex Willer. Come se coloro che in passato hanno eletto quei politicanti, cioè i cittadini americani, non fossero gli stessi che oggi hanno eletto lui; come se adesso, per liberarsi dall’inganno di quei “politicanti di Washington”, gli americani dovessero fidarsi di un governo di miliardari, di vecchi generali incarogniti, di CEO delle grandi multinazionali del petrolio.
Trump ha fatto un discorso completamente sbagliato, perché “America first” non significa nulla. Il nazionalismo non ha nulla a che vedere con il patriottismo, con l’amore per il proprio paese, con l’attaccamento alle radici storiche (culturali, religiose eccetera) dell’identità nazionale. Per tre volte, nel corso del ‘900, gli Stati Uniti hanno attraversato l’Atlantico per salvare e liberare l’Europa, prima dal nazionalismo poi dal comunismo. Questa è la vocazione autentica della Grande Potenza Democratica.
Ora invece Trump evoca un nuovo isolazionismo: una politica antistorica, opposta rispetto al ruolo internazionale degli Stati Uniti e alle responsabilità che essi ricoprono in Europa, in Asia e ovunque.
Per realizzare questa politica, Trump punta a restaurare il protezionismo economico, ma si illude: è la natura stessa dell’economia americana a esigere la libertà di mercato, di scambio e di commercio, la libertà di circolazione dei capitali e delle persone.
Anche la lotta alla droga si rivelerà illusoria, come lo è stata finora, perché il proibizionismo ha sempre e solo arricchito le grandi organizzazioni criminali internazionali. Ancora, è la stessa America che ce lo ricorda, al tempo del proibizionismo sugli alcolici.
Trump va dunque in direzione opposta rispetto alla storia americana. Gli Stati Uniti sono stati nel mondo contemporaneo come il grande impero navale e commerciale ateniese, di quella Atene democratica decantata da Pericle nella sua celebre orazione. Ora invece sembrano virare in direzione di Sparta, la potenza militare aristocratica, agricola ed economicamente chiusa.
Una sola cosa è apprezzabile, nell’esordio di Trump: la volontà dichiarata di procedere a una lotta senza quartiere contro il terrorismo e il fondamentalismo islamico, e la decisione di schierarsi con forza dalla parte di Israele. Effettivamente, Obama ha commesso molti errori nella sua politica estera, soprattutto in Medio Oriente. Forse sarebbe stato meglio correggere questi errori, invece di commetterne di nuovi, più grandi e più gravi.

Ora Trump punta ad accordarsi con Putin, a mandare in pezzi l’Unione europea, ad abbandonare gli alleati al proprio destino. Sarebbe una catastrofe, per l‘Occidente liberale, per l’Europa democratica e in particolare per la debole Italia, vittima predestinata di ogni populismo.

giovedì 12 gennaio 2017

"Magnifica", di M. Rosaria Valentini (Sellerio)

Siamo in piccolo borgo sperduto sull’Appennino, circondato da folti boschi, all’epoca in cui gli italiani portano nomi come Aniceto, Eufrasia, Pietrino. La guerra pare finita appena ieri, l’occupazione tedesca è un ricordo vivo. Con la scusa di alzarsi presto per andare a caccia, Aniceto se la fa di nascosto con la Teresina, uno fra i tanti. In paese lo sanno tutti, anche Eufrasia che però finge di non accorgersi, felice in cuor suo di sottrarsi alle voglie di “quel rospo”. Anche i figli hanno capito, e covano rancore verso quella donna. Ma la vita è strana e i boschi dei dintorni riservano sorprese inimmaginabili, che sconvolgeranno i sentimenti e le vite stesse dei protagonisti. (...)
La prosa lieve di Maria Rosaria Valentini crea un’atmosfera incantata, onirica, che solca di continuo i confini fra gli esseri senzienti e le cose inanimate. (...)
A più riprese l’amore fa capolino, si mimetizza, resiste, fugge, infine dilaga. Gli uomini non sono in grado di contrastarlo e finalmente la felicità sembra a portata di mano. A meno che il destino non decida di concludere ciò che aveva lasciato in sospeso, prendendosi la sua crudele rivincita.

A questo link la recensione completa, pubblicata su Il Foglio di stamane.
http://www.ilfoglio.it/libri/2017/01/12/news/magnifica-114547/

mercoledì 11 gennaio 2017

La riforma elettorale "impossibile"

Ma insomma: cosa pensa di ottenere Matteo Renzi, con il ritorno al mattarellum? Che cosa si prefigge? Che calcoli ha fatto? Quel sistema prevede tre quarti dei parlamentari eletti in collegi uninominali (risulta eletto il primo arrivato) e il restante 25 per cento ripartito in misura proporzionale, fra i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento del 4%. E’ dunque un sistema “maggioritario di collegio”, poiché spinge i partiti a coalizzarsi per arrivare primi e ottenere più eletti nei collegi.
Infatti ha sortito questi effetti nel ’94, nel’96 e nel 2001. Poi ci sono state alterne vicende politiche, ma quel sistema ha funzionato, perché ha indotto i partiti ad allearsi in due grandi coalizioni di centro-destra e di centro-sinistra, condannando gli altri alla marginalità. E’ dunque un sistema elettorale appositamente ideato per favorire la formazione di un sistema politico bipolare, con correttivo proporzionale.
Anche il sistema elettorale successivo, il porcellum (la famosa “porcata” di Calderoli) è stato concepito in quella stessa ottica bipolare. Dava un premio di maggioranza alla coalizione vincente, dunque era un “maggioritario di coalizione” (non più di collegio) spingendo anch’esso i partiti ad allearsi. Si è votato così nel 2006, nel 2008 e nel 2013. Poiché però il premio di maggioranza era calcolato su base nazionale alla Camera e su base regionale al Senato, il risultato è stato che nel 2006 la maggioranza al Senato era risicatissima, nel 2008 era ampia, nel 2013 del tutto assente.
Dunque quel sistema ha smesso di funzionare – a parte ogni altra considerazione - ben prima di essere dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, nel gennaio 2014.
Entrambi i casi esaminati, mattarellum e porcellum, sono sistemi elettorali funzionali a un sistema politico bipolare.
Con l’entrata in scena del Movimento 5 Stelle (2013) il bipolarismo italiano è andato in frantumi. Tutte le elezioni successive hanno confermato l’assetto ormai stabilmente tripolare del sistema politico. Di conseguenza, qualsiasi forzatura della legge elettorale in senso maggioritario risulta oggi impraticabile – per non dire impossibile - sia tecnicamente che politicamente.
Se il mattarellum venisse applicato oggi, in assenza di un assetto bipolare, esso sortirebbe effetti bizzarri, a macchia di leopardo – più leghisti al nord, più Pd al centro, più 5 Stelle al sud - con risultati casuali, tali da rendere il sistema tutt’altro che maggioritario nel suo insieme. Un tipico esempio di “eterogenesi dei fini”.
Altrettanto impraticabile sarebbe l’Italicum. La legge voluta da Renzi è abortita prima ancora di nascere, indipendentemente da quello che deciderà la Corte costituzionale. Renzi lo aveva concepito per una sola Camera (riforma costituzionale) con un Pd capace di superare il 40% (elezioni europee) o eventualmente di vincere al ballottaggio contro un avversario grillino (con l’appoggio dell’elettorato moderato) oppure contro un avversario di destra (compattando l’elettorato di sinistra). Nessuna di queste ipotesi oggi è ancora in campo. Lo scenario è radicalmente cambiato, l’Italicum è morto e sepolto.
Si può riformare parzialmente l’Italicum?
Un’ipotesi potrebbe essere quella di assegnare il premio di maggioranza non più al primo partito, bensì alla prima coalizione, ma solo se essa supera la soglia del 40%. In caso contrario, non si passerebbe più al ballottaggio, ma alla semplice ripartizione proporzionale dei seggi – e di conseguenza, alla formazione di un governo di coalizione da trovare in Parlamento.
Questa ipotesi aiuterebbe il centro-destra a ricomporre la sua coalizione; manterrebbe unito il PD, impedendo la nascita di una forte formazione alla sua sinistra; consentirebbe a una forza centrista di restare in Parlamento e di aspirare a un ruolo significativo nel futuro governo. In ogni caso dovrebbero essere rivisti la formazione dei collegi e il voto di preferenza.

Se nessuna coalizione raggiungesse il 40%, e mancasse un’indicazione prevalente sulla formazione del governo, sarebbe in conseguenza di una scelta precisa, liberamente espressa, dell’elettorato italiano. Vox populi, vox Dei.