Apertamente ispirato a “Il nome della rosa”, il libro è ambientato alla
metà ’800 in un piccolo paese della Svezia, e narra la vicenda di Laestadius (...) Co-protagonista del romanzo, accanto al pastore, è Jussi, l’io
narrante, un giovane e sventurato ragazzo lappone (...)
Una ragazza
improvvisamente scompare, gettando il villaggio nello sconforto e
nell'angoscia. Il pastore e il suo
giovane segugio mettono a frutto le conoscenze scientifiche, lo spirito
d’osservazione, la logica empirica, infine trovano il cadavere della giovane,
la cui morte viene sbrigativamente attribuita all'aggressione di un orso. Apertamente ostile a
Laestadius è il pigro e ambiguo procuratore Brahe, un ubriacone tronfio e
cialtrone, desideroso di archiviare rapidamente la pratica, contro ogni
evidenza. (...)
Alla metà del XIX secolo, le impronte digitali, le prime fotografie,
le nuove scoperte della chimica non sono ancora ammesse nelle aule dei
tribunali. La modernità avanza lentamente, la verità fatica a farsi strada e la
giustizia non è di questo mondo.
A questo link, la mia recensione completa di "Cucinare un orso", di Mikael Niemi (Iperborea) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di oggi.