giovedì 27 gennaio 2022

"In barba a H.", di Oliviero Stock Bompiani)

Qui di seguito, la mia recensione di "In barba a H.", di Oliviero Stock (Bompiani) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri. 

“Lei non crederà mica che io mi metta in fila dietro a degli ebrei?”, urla in dialetto viennese Sebastian Geiringer, all’ufficiale tedesco che gli chiede perché sia entrato bruscamente, senza farsi annunciare come tutti gli altri. Il nazista si intimorisce, cerca giustificazioni, compila il visto d’espatrio, e il bisnonno dell’autore si salva. Alla seconda e alla terza generazione, cioè ai nonni e ai genitori di Oliviero Stock (Trieste, 1950) andrà ancora più avventurosamente, con situazioni pericolose ai limiti dell’incredibile. Così, tre generazioni di ebrei riusciranno a farla franca, “in barba a Hitler”.

Nell’Europa occupata dai nazisti, spiega l’autore, a una famiglia ebrea servivano principalmente tre cose: una spiccata intelligenza, quell’istinto che ti fa percepire il senso reale del pericolo; abbondante denaro, per comprare, viaggiare, corrompere, falsificare o anche solo per contare qualcosa agli occhi dei nazisti; e infine molta, molta fortuna.

E’ sempre utile raccontare le vicende drammatiche delle famiglie che riuscirono miracolosamente a sottrarsi alla morsa del Male Assoluto, anche per le implicazioni politiche e morali, per riconoscere i vari gradi delle corresponsabilità, e soprattutto per le considerazioni legate alla stretta attualità: l’antisemitismo nell’Europa di oggi, i respingimenti, Israele.

I nonni di Stock riescono abilmente a trasferirsi nella Palestina mandataria, la madre Gerty sale per miracolo su un treno a Firenze, con le due bambine e una montagna di valigie, mentre tutti cercano i partigiani autori di un attentato. Poi passeranno in Svizzera attraverso il lago Maggiore: gli Stock vengono lasciati entrare, invece la famiglia Norsa, di Mantova, viene respinta e morirà nelle camere a gas di Auschwitz.

Stock ci regala un libro commovente e pieno di ricordi, ma non si tratta solo di questo. E’ anche una sottolineatura della partecipazione attiva e delle schiaccianti responsabilità del fascismo, di Mussolini in prima persona, nell’implementazione della Shoah; è un duro atto di accusa nei confronti dei paesi occidentali - dalla Svizzera, agli Stati Uniti, all’Impero britannico nella Palestina mandataria - che hanno respinto gli ebrei in fuga, condannandoli a morte certa.

Per esempio, dalla celebre conferenza internazionale di Evian (luglio ’38) emerge solo la sostanziale indisponibilità dei paesi partecipanti ad accogliere gli ebrei in fuga, permettendo al principale giornale nazista di sintetizzare con il titolo sarcastico “Nessuno li vuole”.