Qui di seguito, la mia recensione di "In barba a H.", di Oliviero Stock (Bompiani) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.
“Lei
non crederà mica che io mi metta in fila dietro a degli ebrei?”, urla in
dialetto viennese Sebastian Geiringer, all’ufficiale tedesco che gli chiede
perché sia entrato bruscamente, senza farsi annunciare come tutti gli altri. Il
nazista si intimorisce, cerca giustificazioni, compila il visto d’espatrio, e il
bisnonno dell’autore si salva. Alla seconda e alla terza generazione, cioè ai
nonni e ai genitori di Oliviero Stock (Trieste, 1950) andrà ancora più
avventurosamente, con situazioni pericolose ai limiti dell’incredibile. Così,
tre generazioni di ebrei riusciranno a farla franca, “in barba a Hitler”.
Nell’Europa
occupata dai nazisti, spiega l’autore, a una famiglia ebrea servivano principalmente
tre cose: una spiccata intelligenza, quell’istinto che ti fa percepire il senso
reale del pericolo; abbondante denaro, per comprare, viaggiare, corrompere,
falsificare o anche solo per contare qualcosa agli occhi dei nazisti; e infine
molta, molta fortuna.
E’
sempre utile raccontare le vicende drammatiche delle famiglie che riuscirono miracolosamente
a sottrarsi alla morsa del Male Assoluto, anche per le implicazioni politiche e
morali, per riconoscere i vari gradi delle corresponsabilità, e soprattutto per
le considerazioni legate alla stretta attualità: l’antisemitismo nell’Europa di
oggi, i respingimenti, Israele.
I
nonni di Stock riescono abilmente a trasferirsi nella Palestina mandataria, la
madre Gerty sale per miracolo su un treno a Firenze, con le due bambine e una
montagna di valigie, mentre tutti cercano i partigiani autori di un attentato. Poi
passeranno in Svizzera attraverso il lago Maggiore: gli Stock vengono lasciati entrare,
invece la famiglia Norsa, di Mantova, viene respinta e morirà nelle camere a
gas di Auschwitz.
Stock
ci regala un libro commovente e pieno di ricordi, ma non si tratta solo di
questo. E’ anche una sottolineatura della partecipazione attiva e delle schiaccianti
responsabilità del fascismo, di Mussolini in prima persona, nell’implementazione
della Shoah; è un duro atto di accusa nei confronti dei paesi occidentali -
dalla Svizzera, agli Stati Uniti, all’Impero britannico nella Palestina
mandataria - che hanno respinto gli ebrei in fuga, condannandoli a morte certa.
Per
esempio, dalla celebre conferenza internazionale di Evian (luglio ’38) emerge solo
la sostanziale indisponibilità dei paesi partecipanti ad accogliere gli ebrei
in fuga, permettendo al principale giornale nazista di sintetizzare con il
titolo sarcastico “Nessuno li vuole”.
Nessun commento:
Posta un commento