mercoledì 14 novembre 2018

"L'Argentino", di Ivano Porpora


“Non cambiate mai”, dice l’Argentino sconsolato agli abitanti di San Cristobal. Lo hanno soprannominato così non perché quella sia la sua origine, ma solo perché è venuto da fuori. Da un posto imprecisato, lontano. E’ uno straniero, dunque un estraneo, malvisto e malvoluto. “Non imparate mai”, ripete alla fine del romanzo. Dopo “Nudi come siamo stati”, uscito lo scorso anno, Ivano Porpora si conferma una delle voci più interessanti e innovative nel panorama letterario italiano. (...)
Porpora elabora una forte e appassionata metafora del messaggio evangelico. Il romanzo altro non è, infatti, che una potente trasfigurazione della discesa di Cristo sulla terra: quando il protagonista fa la sua comparsa nel paesino avvolto nella canicola, passa quasi inosservato; ma dopo la sua partenza, nulla sarà più come prima. (...)
“L’Argentino mi guardò in faccia, e fu l’ultima volta che lo fece. Sorrise, e disse: “Non cambiate mai”. Poi si incamminò per la carretera di Arriba, e io non distolsi lo sguardo nemmeno quando non fu altro che un piccolo punto, indistinguibile, che camminava immerso nella calura di un giorno di agosto inoltrato, riverberato dal sentiero liquido che lo specchiava; e chissà se era ancora lui, o un miraggio”.

A questo link, la mia recensione di "L'Argentino", di Ivano Porpora (Marsilio) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di stamane.

domenica 11 novembre 2018

"Bartleby lo scrivano", di Herman Melville


Torna in libreria uno dei più celebri racconti della letteratura classica americana, in una nuova edizione curata da Alessandro Roffeni. Pubblicato per la prima volta nel 1853, due anni dopo Moby Dick, “Bartleby lo scrivano” non ebbe all'epoca il successo che meritava, e che avrebbe riscosso solo molti decenni più tardi: troppo introspettivo e psicologico, troppo moderno e “kafkiano” ante litteram, per i tradizionali canoni della letteratura ottocentesca. (...)

L’introverso Bartleby è irrimediabilmente affetto dal male di vivere. La sua esistenza è incompatibile con l’universo intero, il suo rifiuto a interagire con la realtà è insuperabile e invincibile. Alla richiesta di svolgere le mansioni per cui è stato assunto, egli oppone con garbo e fermezza la celeberrima allocuzione: “Preferirei di no”, parole che lo hanno reso immortale nella storia della letteratura e che sono state anche oggetto di varie trasposizioni cinematografiche. In realtà, quella del giovane scrivano non è una preferenza, ma il grido disperato e muto di chi è impossibilitato a ricoprire qualsivoglia ruolo, nel mondo dei vivi. Bartleby è espressione di una alterità irriducibile: egli non è un “emarginato” (concetto assai più caro alla cultura europea e marxiana) bensì un “marginale”, che si autoesclude prima dalla società, poi dall’esistenza. (...)

A questo link, la recensione completa di "Bartleby lo scrivano" e altri racconti, di Herman Melville (Bompiani) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di martedì 6 neovembre:

venerdì 9 novembre 2018

"Sangue infetto", di Michele De Lucia

La dolorosa e tragica vicenda del “sangue infetto” - cioè della diffusione di sangue e plasma contaminati dai virus dell’Hiv e dell’Epatite C - esplosa in Italia a metà degli anni Novanta, è rivisitata con rigore scientifico e onestà intellettuale da Michele De Lucia, giornalista e saggista con una lunga militanza radicale alle spalle. (...)
 I fatti dunque dimostrano che l’infezione non era evitabile, spiega l’autore; al massimo si sarebbe potuto – con il senno di poi e in minima parte – ridurne la portata. (...)
 Il caso giudiziario esplode in Italia proprio nel ‘95, nel pieno del clima creato da Mani Pulite, mentre imperversa una disinformazione di forte impatto emotivo. La cronaca è viziata da una impostazione scandalistica e ideologica, ma in realtà il “sangue infetto” non ha nulla a che vedere con la “tangentopoli dei farmaci” di quel periodo. (...)
La nostra amministrazione semmai è colpevole per l’estrema lentezza della burocrazia e per la proverbiale inefficienza e inerzia della sanità pubblica: “La misura della bancarotta del sistema Italia è data dagli 11 anni impiegati per arrivare al primo Piano nazionale del sangue (…) e dai 23 anni intercorsi tra la Legge del sangue del ’67 e la riforma del ’90”. (...)

A questo link, la mia recensione completa di "Sangue infetto", di Michele De Lucia (Mimesis) pubblicata sul quotidiano Il Foglio qualche settimana fa e da ieri anche on line.