“Non cambiate mai”, dice l’Argentino sconsolato agli abitanti di San
Cristobal. Lo hanno soprannominato così non perché quella sia la sua origine,
ma solo perché è venuto da fuori. Da un posto imprecisato, lontano. E’ uno
straniero, dunque un estraneo, malvisto e malvoluto. “Non imparate mai”, ripete
alla fine del romanzo. Dopo “Nudi come siamo stati”, uscito lo scorso anno, Ivano Porpora si
conferma una delle voci più interessanti e innovative nel panorama letterario
italiano. (...)
Porpora elabora una forte e appassionata metafora del messaggio
evangelico. Il romanzo altro non è, infatti, che una potente trasfigurazione della
discesa di Cristo sulla terra: quando il protagonista fa la sua comparsa nel
paesino avvolto nella canicola, passa quasi inosservato; ma dopo la sua partenza,
nulla sarà più come prima. (...)
“L’Argentino mi guardò in faccia, e fu l’ultima volta che lo fece.
Sorrise, e disse: “Non cambiate mai”. Poi si incamminò per la carretera di
Arriba, e io non distolsi lo sguardo nemmeno quando non fu altro che un piccolo
punto, indistinguibile, che camminava immerso nella calura di un giorno di
agosto inoltrato, riverberato dal sentiero liquido che lo specchiava; e chissà
se era ancora lui, o un miraggio”.
A questo link, la mia recensione di "L'Argentino", di Ivano Porpora (Marsilio) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di stamane.
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