Nell’arco di due anni, l’impero perde la Libia e quasi tutti i
possedimenti europei. Ai turchi resta l’Anatolia, il ridotto baluardo di una
identità nazionale tutta da inventare. Ma qui convivono forti minoranze
musulmane e cristiane: i curdi, i greci, soprattutto gli armeni, “la più
mortale delle minacce”.
Occorre “eliminare ogni traccia di armenità: le vite degli armeni, i
cimiteri armeni, la cultura armena, la storia armena, l’architettura armena, i
nomi armeni (...) Il genocidio è un esempio tremendo e radicale di male morale”. (...)
Nelle conclusioni, Nash-Marshall definisce il negazionismo
“un’aggressione intellettuale” e ammonisce: “Il genocidio non si conclude con
la sua ultima vittima umana: la negazione continua il processo genocidario”.
A questo link, la mia recensione di "I peccati dei padri - Negazionismo turco e genocidio armeno", di Siobhan Nash-Marshall (Guerini & Associati) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di oggi.
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