Qui di seguito, la mia recensione di "Lettere a Hans Rosenkranz", di Stefan Zweig (Giuntina) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 19 maggio.
Ha
appena 16 anni Hans Rosenkranz, nel 1921, quando decide di rivolgersi per
lettera a Stefan Zweig. Il giovane ebreo tedesco, nato a Könisberg, ha già
rivelato un notevole talento letterario e sogna di diventare scrittore. Perciò
chiede consiglio a Zweig, che all’epoca ha 40 anni ed è già noto in tutta
Europa. Nasce così una corrispondenza che dura dodici anni: 16 lettere e 5
cartoline inedite, riemerse nel 2016 da una cassetta di sicurezza in Israele.
In
quel periodo Zweig vive isolato nel suo eremo di Salisburgo, lontano dalla
natìa Vienna e dall’amatissima Parigi. Il grande scrittore risponde subito al
giovane ambizioso. Gli dedica attenzione, è prodigo di consigli, si impegna ad
aiutarlo.
“…e
mi permetto di dirvi, senza esagerazione, che mi sento sicuro del vostro futuro
intellettuale (…) raramente ho potuto avere tanta fiducia in un giovane, come
con voi”.
In
tutte le lettere successive, Zweig si attiva a più riprese, con grande
generosità e nel più assoluto disinteresse personale:
“Allego
due banconote, da cambiare in franchi: con esse, bevete alla mia salute in un
buon ristorante, fate qualcosa di parimenti buono per me con una graziosa
francese, e visitate una mattina la cattedrale di Chartres. Il denaro ha
proprio solo un senso, quello di rendere felici gli altri”.
Gli
appassionati di Zweig noteranno che proprio in quegli anni egli scrive alcuni
dei suoi capolavori, fra cui Amok e Sovvertimento dei sensi. Dalle lettere emergono
la grande curiosità intellettuale, l’interesse a discutere di ebraismo e
sionismo, l’aspirazione alla pace e alla fratellanza fra i popoli: “Non vi è
nulla che io detesti al pari dell’auto-deificarsi dei popoli e del loro rifiuto
di considerare la varietà delle forme di popolo e dei tipi umani come bellezza
dell’essere”.
Zweig
suggerisce al giovane Rosenkranz di studiare le lingue, di impegnarsi nel
mercato editoriale, di viaggiare. “Chissà, forse la Germania e l’Europa
diventeranno così cupe che lo spirito libero non potrà più respirarvi”.
Lo
scambio dura fino al fatidico 1933. A quel punto i due si perdono di vista e
non si rivedranno mai più. Rosenkranz si mette in salvo emigrando in Palestina,
diventerà un ufficiale della Brigata ebraica e poi, dopo la nascita di Israele,
assumerà il nome di Chai Ataron.
Come è noto, nel 1942 Zweig muore suicida con la moglie a Persepolis (Brasile) dopo avere scritto Il mondo di ieri. Per coincidenza amara e bizzarra, anche Rosenkranz si toglie la vita nel 1956, appena cinquantenne, per motivi mai chiariti.