Qui di seguito, la recensione di "Raccolto di dolore - Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica", di Robert Conquest (Rizzoli) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 5 luglio.
“Il
problema della nazionalità è, nella sua essenza più profonda, un problema di
contadini”. Così Stalin, che fra il 1929 e il 1933 decide in piena
consapevolezza di risolvere il problema della nazionalità ucraina, sterminando
dapprima l’intera la classe colta (scrittori, artisti, poeti, insegnanti e
preti: la “Rinascita fucilata”); poi tutti i cosiddetti “kulaki”, cioè i
piccoli proprietari terrieri che vivono del loro raccolto (circa 5 milioni); infine i contadini in quanto tali, in gran
massa, non solo in Ucraina ma anche nel Caucaso settentrionale, in Asia
centrale fra il Don e il Volga e fino al Kazachistan (altri 7 milioni). In
totale, secondo una stima prudenziale e qui ben documentata, circa 11 milioni
di esseri umani soppressi in quattro anni, cioè un numero di morti superiore a
quello della Prima guerra mondiale, in un lasso di tempo analogo. A questi
vanno aggiunti almeno altri 3,5 milioni di deportati, morti di stenti nei
“campi di lavoro” negli anni immediatamente successivi, che portano il computo
totale del “Raccolto di dolore” a oltre 14 milioni di anime.
La
“carestia terroristica” è lo strumento che viene scientemente utilizzato, per
implementare la definitiva presa di potere dei comunisti russi sui popoli
dell’Unione sovietica. Vengono sequestrati il grano, gli animali, la legna, il
denaro, mediante perquisizioni sistematiche, arresti, deportazioni di massa,
fucilazioni sul posto. Lo stesso partito comunista ucraino è vittima delle
condanne, delle esecuzioni, delle purghe. Mentre si procede nel genocidio, la
carestia viene negata ed espulsa dal discorso pubblico: la parola “carestia”
non può venire scritta né pronunciata, pena la condanna a cinque anni di
reclusione (Putin, in questo senso, non ha inventato nulla).
Solo
mezzo secolo dopo, nel 1986, lo storico inglese Robert Conquest riesce a
pubblicare il frutto della sua rigorosa ricerca, che viene snobbata dal regime
sovietico al tramonto e boicottata dai tanti simpatizzanti pro Mosca che
militano nella cultura e nella stampa occidentale (anche qui, nessuna novità).
Il libro esce in Italia solo 18 anni più tardi, nel 2004, ed è ora riproposto
da Rizzoli. “A distanza di 37 anni, questo libro regge bene”, scrive Federigo
Argentieri nella postfazione. Nel suo celebre “Secolo breve” (1994) lo storico
marxista inglese Eric Hobsbawn aveva dedicato all’olocausto ucraino solo quest’unico
passaggio: “L’effetto immediato [della collettivizzazione] fu di abbassare la
produzione del grano e quasi di dimezzare l’allevamento, provocando così nel
1932-33 una grande carestia”.