giovedì 28 settembre 2017

Merkel -8%, liberali +5%. E allora…?

Il sensazionalismo mediatico gioca brutti scherzi. Cerchiamo di non perdere il senso della realtà, o almeno il senso del ridicolo. Restiamo ai fatti. Se i fatti non sono chiari, partiamo dalle cifre.
Angela Merkel ha perso 8 punti, i liberali sono aumentati di 5 punti. E dunque? Non mi pare un evento tragico, né drammatico. Anche i socialdemocratici sono calati fino al 20%, però restano il secondo partito della Germania. La grande maggioranza dei tedeschi vota partiti moderati come la Cdu-Csu, la Spd, i liberali, forse anche una parte dei Verdi. L’estrema destra ha avuto un successo limitato, che non va sottovalutato, ma neppure esagerato: si è fermata al 12,6%. Non mi sembra una percentuale astronomica. (Poi ci torno)
La Merkel ha ottenuto il suo quarto mandato, anche se ora governare sarà molto più difficile. Sarà complicato fare convivere al governo i liberali e i verdi. Questo è un problema, non una catastrofe.
L’annuncio di voler accogliere un milione di profughi siriani, due anni fa, è stato un errore. Merkel ha cercato di rimediare, chiudendo le frontiere, ma non è bastato.  Anche le politiche europee devono essere sembrate troppo lassiste al tedesco medio, infatti il giovane leader dei Liberali ha avuto buon gioco nel dire che la Germania “non vuole pagare all’Italia i danni causati da Silvio Berlusconi”.
Un quadro difficile, ma tutto sommato normale. A fronte di tutto ciò, sono volate per aria parole altisonanti quali “xenofobia”, “islamofobia” e addirittura “nazismo”. Andiamo con ordine.
Punto primo. La questione dell’immigrazione di massa nei paesi sviluppati “esiste”. Non è un’invenzione di conservatori e reazionari. E’ invece uno dei grandi problemi del nostro tempo, difficile da gestire, impossibile da risolvere. E’ lecito chiedere che tale questione venga affrontata con determinazione, senza essere per questo accusati di “xenofobia”?
Punto secondo. Sempre a proposito di immigrazione, esiste un “problema nel problema”: l’immigrazione islamica. Di nuovo, è lecito affermare che l’Islam è una delle principali cause - certo non l’unica - della spaventosa arretratezza storica, economica, sociale, culturale e civile del mondo arabo e musulmano? E’ lecito affermare che l’Islam è sostanzialmente incompatibile con la democrazia liberale, con la laicità, con le libertà individuali della donna e dell’uomo che sono a fondamento della civiltà occidentale? E’ lecito affermare di non volere la sharìa nelle periferie (per ora) delle città europee? E’ lecito affermare tutto ciò, senza essere tacciati di “islamofobia”?
Ho capito: l’islamofobia rappresenta oggi quello che era stato l’anticomunismo “viscerale” fra il ’45 e l’89: lo stigma di un’arretratezza culturale. Poi però si è capito che il problema esisteva, e che era il comunismo, non i suoi oppositori. Lo stesso vale oggi per l’Islam. Diciamolo senza ipocrisie.
Veniamo infine al terzo punto: i “nazisti”. A me sembra di ricordare che i nazisti mandarono gli omosessuali nei campi di stermino, o sbaglio? Ora si presenta un movimento di destra, che certo può non piacere – a me non piace affatto – che però è guidato da una donna dichiaratamente lesbica, sposata con un’altra donna che le ha dato due figli tramite inseminazione eterologa. Nazisti? C’è qualcosa che non quadra. A me sembra di ricordare anche che i nazisti fossero dotati di un’organizzazione paramilitare che perpetrò un’ondata di arbitri e violenze indicibili, durante la Repubblica di Weimar. Quelli della AfD, fino a oggi, non hanno torto un capello a nessuno. Sarebbero questi, i nazisti?
La realtà è più semplice: quando la Merkel si è – perdonate la banalità – spostata al centro, è normale che si sia creato un vuoto sulla destra e che questo vuoto sia stato occupato da qualcuno. E allora…?

La Germania rimane nelle mani di Angela Merkel, che nel prossimo futuro avrà difficoltà maggiori. Dovrà contenere l’immigrazione, riassorbire la protesta, trattare in Europa, e soprattutto preparare la successione. Cioè sarà costretta a mediare: questa è la vera notizia. Ma mi rendo conto che è poco “notiziabile”, per i professionisti del sensazionalismo, i quali, se i fatti sensazionali non accadono, devono inventarli.

mercoledì 20 settembre 2017

"Ebreo chi? Sociologia degli ebrei italiani di oggi"

Ma tu sei ebreo? non è una domanda come tutte le altre. E’ un interrogativo che genera “imbarazzo”, avverte Furio Colombo nella prefazione, e sulla natura profonda, intima, di questo imbarazzo è necessario scavare e riflettere. Va a Ugo Pacifici Noja e Giorgio Pacifici, i due curatori, il merito di avere assemblato in questo volume collettaneo e multidisciplinare un forte mix di contributi scientifici e di testimonianze di alto valore morale. I co-autori sono 16, il focus è sugli ebrei italiani, ma molte considerazioni sull’identità ebraica e l’antisemitismo hanno carattere generale.
(...) 
Lo storico Claudio Vercelli, fra i massimi esperti di genocidi e negazionismo, affronta i temi di più bruciante attualità, dai processi migratori ai fenomeni populistici. “L’insediamento di comunità provenienti dal Mediterraneo meridionale e dall’ampia regione mediorientale (…) influisce (…) anche sulle dinamiche di formazione, rinegoziazione e diffusione di pregiudizi antichi”.
(...)
Alcune suggestioni di questo tipo, aggiunge Vercelli, si possono riscontrare nei richiami anti-politici dei movimenti populisti europei e italiani. “E’ infatti tipico della stereotipia antisemitica l’identificare la politica democratica come prodotto della corruzione e dell’affarismo”, una concezione “storicamente propria di quei ceti che hanno faticato a definire un ruolo economico e un profilo culturale certi”.
(...)
A questo link, la mia recensione integrale di "Ebreo chi? Sociologia degli ebrei italiani di oggi", AA.VV., Jaca Book, 330 pp., 35 euro, pubblicata sul quotidiano Il Foglio di oggi.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=67674

mercoledì 13 settembre 2017

"Lettera di Lord Chandos", di Hugo von Hofmannstahl

Considerato a pieno titolo uno degli esponenti più raffinati e originali del decadentismo europeo, quasi coetaneo di Thomas Mann, Hugo von Hofmannsthal (1874-1929) redige con la “Lettera di Lord Chandos” il suo manifesto letterario, che meritoriamente Marsilio ripubblica con altri due scritti giovanili.
Concepita nel 1902, quando l’autore ha appena 27 anni, “Ein Brief” è ambientata all’inizio del ‘500, in pieno Rinascimento. Un nobile inglese, di discreto talento, si rivolge a Francis Bacon per comunicargli la decisione definitiva di astenersi da qualsiasi attività letteraria... (...)
Spicca nelle parole di Lord Chandos la particolare sintonia e contiguità fra la visione di Hofmannsthal e il pensiero di Friedrich Nietzsche. “Siffatte concezioni religiose non hanno alcun potere su di me, sono parte di quelle tele di ragno che i miei pensieri oltrepassano, gettandosi nel vuoto, mentre molti altri vi rimangono impigliati e così giungono a quiete”.
Al link sottostante, la mia recensione completa della "Lettera di Lord Chandos", pubblicata su Il Foglio di sabato scorso.
http://www.ilfoglio.it/libri/2017/09/11/news/lettera-di-lord-chandos-151652/

martedì 12 settembre 2017

Il Corriere qualunquista

Pare che Urbano Cairo abbia dichiarato che il suo modello di Corriere della Sera sia “La Notte” di Nino Nutrizio. Non so se questa affermazione sia vera - ho solo raccolto una voce fra le tante – ma purtroppo bisogna ammettere che è verosimile.
Chissà quanti ricordano La Notte, i più giovani sicuramente no. Era un giornale che usciva nel pomeriggio, con grandi titoloni in prima pagina, spesso incentrati su episodi di cronaca nera. In politica, lanciava grandi invettive contro i partiti e le tasse, ispirate a un poujadismo fascistoide. Ricordo un editoriale che diceva: “Trecento persone manifestano a Madrid contro il franchismo: e tutti gli altri spagnoli, quelli che vanno a lavorare, si divertono, stanno seduti al bar, si fanno i fatti loro, non contano nulla? Contano solo i social-comunisti!”.
Però La Notte vendeva bene, era un giornale “popolare” (io ragazzino lo prendevo per la pagina dei cinema, l’ultima, che era imbattibile). Non ho conosciuto Nutrizio, me ne hanno sempre parlato come di un gran maestro di giornalismo, carismatico e geniale. Gradualmente La Notte, il Corriere d’Informazione e tutti i pomeridiani sono scomparsi.
Ma torniamo al Corriere.
Oggi la grande stampa è in difficoltà, i giornali non li legge quasi più nessuno. Non stupisce che il Corriere, orfano di una “grande borghesia” che non esiste più e di un ceto medio impoverito, finisca nelle mani di un editore rampante e nazional-popolare, con interessi nel calcio e nel settore televisivo. Non è neanche il primo.
Il suo “nuovo” Corriere della Sera abbonda di cronaca nera e articoli di costume. Lo stupro di Rimini occupa pagine e pagine per due settimane, anche dopo che i responsabili sono stati assicurati alla giustizia; la copertina del supplemento “7” si interroga sulle caratteristiche della vanità maschile, e così via.
L’operazione non è priva di conseguenze anche sul piano politico. Matteo Salvini è trattato alla stregua di un grande leader, così come i due giovani “statisti” emergenti Di Maio e Di Battista. Grandi e belle foto, articoli volti ad accreditare una loro presunta “svolta moderata”, interviste in ginocchio che eludono i problemi reali e le domande scomode. Giovedì scorso è stata la (ennesima) volta di Davide Casaleggio. Nessuno osa chiedergli: “Scusi, ma lei, chi è? Oltre all’azienda, ritiene forse di avere ereditato dal padre anche la leadership?”.  Per non parlare, che so, delle coperture finanziarie del reddito di cittadinanza, sulle quali pare che a Cernobbio il furbo Di Maio abbia glissato. Per contro, ogni articolo enfatizza le difficoltà del governo, minimizza i risultati positivi dell’economia, esagera oltre ogni limite gli scontri interni al PD, ridicolizza o mistifica qualsiasi uscita di Matteo Renzi, il cui tour in Sicilia è definito “forsennato”. Caspita, che obiettività.

E’ giusto che il più antico e prestigioso quotidiano italiano finisca su quella strada? Io credo di no. Restano gli storici editorialisti, di grande prestigio, che tengono la barra dritta soprattutto nella politica internazionale. Ma Panebianco, Galli della Loggia, Pigi Battista, Aldo Grasso, cosa hanno mai a che fare con Nino Nutrizio? Se anche il quotidiano più autorevole dovesse cedere al vento del populismo, sarebbe “La Notte” del giornalismo italiano.

domenica 3 settembre 2017

“Storia dell’eternità”, di Jorge Luis Borges

(11) Infine, questa estate in vacanza ho letto “Storia dell’eternità”, di Jorge Luis Borges. Dovevo in qualche modo cercare di risollevarmi, dopo lo sconforto e la noia del libro precedente (vedi 10). Perciò mi sono rifugiato fra le pagine di uno dei più grandi autori di tutti i tempi. Non voglio sprecare superlativi, di fronte a Borges mi sento inadeguato persino a esprimere un giudizio. Preferisco lasciare la parola all’autore, con questa citazione sul concetto di Trinità.
“Ora, i cattolici laici la considerano un corpo collegiale infinitamente corretto, ma anche infinitamente noioso; i “liberali”, un inutile cerbero teologico, una superstizione, che i molti pogressi della Repubblica si incaricheranno di abolire. La Trinità, evidentemente, eccede queste formule. Considerata brutalmente, la sua concezione di un padre, un figlio e uno spettro, articolati in un unico organismo, sembra un caso di teratologia intellettuale, una deformazione che solo l’orrore di un incubo poté partorire. L’inferno è una mera violenza fisica, ma le tre indissolubili Persone provocano un orrore intellettuale, un’infinità soffocata, speciosa, come di specchi opposti”.
Naturalmente, precede e segue molto altro. Ho voluto riportare solo queste righe come un assaggio, un pizzico di gusto, una pagina fra mille altre di pari livello.

Ha scritto Dany Laferrière, Accademico di Francia, nel suo brillante libro "L'Arte ormai perduta del dolce far niente": “Da qualche anno, per me, Borges non è più di grande stimolo alla riflessione (lo conosco troppo bene). Piuttosto lo tengo accanto come un talismano, perché mi protegga dall’idiozia dilagante”. (fine)

venerdì 1 settembre 2017

“Prima della fine”, di Ernesto Sabato

(10) Questa estate in vacanza ho letto “Prima della fine”, di Ernesto Sabato (1911-2011). E’ stato il secondo grande bidone della mia estate letteraria (vedi 3). Avevo accettato il consiglio di un’amica, e mal me ne incolse. Non voglio mancare di rispetto a una persona che ha vissuto fino a cento anni, e che in Argentina ha meritoriamente presieduto la Commissione Nazionale per i Desaparecidos, dopo la caduta della dittatura militare, ma è stato uno dei libri più “inutili” che io abbia mai letto in vita mia. Un concentrato di ideologia e luoghi comuni della vecchia sinistra sudamericana, un noioso comizietto di quasi 200 pagine, pieno di schemini dogmatici e di giudizi moralistici contro l’occidente liberale e contro la modernità. Sabato è dichiaratamente contro l’economia, contro la tecnica, contro il denaro, insomma contro tutti gli strumenti di cui gli esseri umani si sono dotati, grazie alla loro intelligenza, per cercare di migliorare le loro condizioni di vita. E invece no: secondo Sabato è tutto sbagliato, è tutto da rifare. Non siamo mai stati così male, ormai siamo sull’orlo del precipizio, anzi siamo appena appena “prima della fine”. Egli scrive queste prediche pedanti verso la fine del Novecento, quando è ormai vecchio, ma il dubbio di non avere mai capito nulla non sembra sfiorarlo. Elogia naturalmente Che Guevara, che avrà pur sbagliato qualcosa (cosa? Il materialismo naturalmente!) ma che era un idealista in buona fede e va apprezzato perché “lottava per l’Uomo Nuovo”: proprio così, con le maiuscole. Sabato si scaglia contro i Tempi Moderni – anch’essi maiuscoli – forieri di “un mostro a tre teste: razionalismo, materialismo e individualismo”. Complimenti. Come se l’irrazionalismo, le religioni e il collettivismo fossero la panacea di tutti i mali. Si è visto, infatti. Per liberarci da questa deprecabile situazione di falso progresso, sostiene Sabato, occorre “attraversare un passaggio”, cioè “fare un passo indietro perché possa trovare posto una nuova concezione del mondo”. Sai che novità: ci hanno già provato in tanti, da Hitler a Stalin, a Pol Pot. Che questo “passo indietro” comporti milioni, e milioni, e milioni di morti, senza che si arrivi a nessuna “nuova concezione”, è un dubbio dal quale Sabato mostra di non essere mai stato sfiorato, nel corso di cent’anni esatti di vita. Amen. Quante sciocchezze, ci metterò un po’ a riprendermi. (continua)