Pare che Urbano Cairo abbia dichiarato che il suo modello di Corriere
della Sera sia “La Notte” di Nino Nutrizio. Non so se questa affermazione sia
vera - ho solo raccolto una voce fra le tante – ma purtroppo bisogna ammettere
che è verosimile.
Chissà quanti ricordano La Notte, i più giovani sicuramente no. Era un
giornale che usciva nel pomeriggio, con grandi titoloni in prima pagina, spesso
incentrati su episodi di cronaca nera. In politica, lanciava grandi invettive
contro i partiti e le tasse, ispirate a un poujadismo fascistoide. Ricordo un
editoriale che diceva: “Trecento persone manifestano a Madrid contro il
franchismo: e tutti gli altri spagnoli, quelli che vanno a lavorare, si
divertono, stanno seduti al bar, si fanno i fatti loro, non contano nulla? Contano
solo i social-comunisti!”.
Però La Notte vendeva bene, era un giornale “popolare” (io ragazzino lo
prendevo per la pagina dei cinema, l’ultima, che era imbattibile). Non ho
conosciuto Nutrizio, me ne hanno sempre parlato come di un gran maestro di
giornalismo, carismatico e geniale. Gradualmente La Notte, il Corriere
d’Informazione e tutti i pomeridiani sono scomparsi.
Ma torniamo al Corriere.
Oggi la grande stampa è in difficoltà, i giornali non li legge quasi più
nessuno. Non stupisce che il Corriere, orfano di una “grande borghesia” che non
esiste più e di un ceto medio impoverito, finisca nelle mani di un editore rampante
e nazional-popolare, con interessi nel calcio e nel settore televisivo. Non è neanche
il primo.
Il suo “nuovo” Corriere della Sera abbonda di cronaca nera e articoli
di costume. Lo stupro di Rimini occupa pagine e pagine per due settimane, anche
dopo che i responsabili sono stati assicurati alla giustizia; la copertina del
supplemento “7” si interroga sulle caratteristiche della vanità maschile, e
così via.
L’operazione non è priva di conseguenze anche sul piano politico. Matteo
Salvini è trattato alla stregua di un grande leader, così come i due giovani
“statisti” emergenti Di Maio e Di Battista. Grandi e belle foto, articoli volti
ad accreditare una loro presunta “svolta moderata”, interviste in ginocchio che
eludono i problemi reali e le domande scomode. Giovedì scorso è stata la
(ennesima) volta di Davide Casaleggio. Nessuno osa chiedergli: “Scusi, ma lei, chi
è? Oltre all’azienda, ritiene forse di avere ereditato dal padre anche la
leadership?”. Per non parlare, che so,
delle coperture finanziarie del reddito di cittadinanza, sulle quali pare che a
Cernobbio il furbo Di Maio abbia glissato. Per contro, ogni articolo enfatizza
le difficoltà del governo, minimizza i risultati positivi dell’economia,
esagera oltre ogni limite gli scontri interni al PD, ridicolizza o mistifica
qualsiasi uscita di Matteo Renzi, il cui tour in Sicilia è definito
“forsennato”. Caspita, che obiettività.
E’ giusto che il più antico e prestigioso quotidiano italiano finisca
su quella strada? Io credo di no. Restano gli storici editorialisti, di grande
prestigio, che tengono la barra dritta soprattutto nella politica internazionale.
Ma Panebianco, Galli della Loggia, Pigi Battista, Aldo Grasso, cosa hanno mai a
che fare con Nino Nutrizio? Se anche il quotidiano più autorevole dovesse
cedere al vento del populismo, sarebbe “La Notte” del giornalismo italiano.
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