(11) Infine, questa estate in vacanza ho letto “Storia dell’eternità”,
di Jorge Luis Borges. Dovevo in qualche modo cercare di risollevarmi, dopo lo
sconforto e la noia del libro precedente (vedi 10). Perciò mi sono rifugiato
fra le pagine di uno dei più grandi autori di tutti i tempi. Non voglio
sprecare superlativi, di fronte a Borges mi sento inadeguato persino a
esprimere un giudizio. Preferisco lasciare la parola all’autore, con questa citazione
sul concetto di Trinità.
“Ora, i cattolici laici la considerano un corpo collegiale infinitamente
corretto, ma anche infinitamente noioso; i “liberali”, un inutile cerbero
teologico, una superstizione, che i molti pogressi della Repubblica si
incaricheranno di abolire. La Trinità, evidentemente, eccede queste formule.
Considerata brutalmente, la sua concezione di un padre, un figlio e uno
spettro, articolati in un unico organismo, sembra un caso di teratologia
intellettuale, una deformazione che solo l’orrore di un incubo poté partorire.
L’inferno è una mera violenza fisica, ma le tre indissolubili Persone provocano
un orrore intellettuale, un’infinità soffocata, speciosa, come di specchi
opposti”.
Naturalmente, precede e segue molto altro. Ho voluto riportare solo
queste righe come un assaggio, un pizzico di gusto, una pagina fra mille altre
di pari livello.
Ha scritto Dany Laferrière, Accademico di Francia, nel suo brillante libro "L'Arte ormai perduta del dolce far niente": “Da qualche anno,
per me, Borges non è più di grande stimolo alla riflessione (lo conosco troppo
bene). Piuttosto lo tengo accanto come un talismano, perché mi protegga dall’idiozia
dilagante”. (fine)
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