giovedì 10 febbraio 2022

L'avventura del politico, di Julien Freund (Edizioni Il Foglio)

Qui di seguito, la mia recensione di "L'avventura dl politico", di Julien Freund (Edizioni Il Foglio) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri, mercoledì 9 febbraio.

“In politica si deve sempre pensare al peggio, per impedire che accada”. Nel centenario della nascita, esce per la prima volta in Italia questa bella intervista al pensatore francese Julien Freund (1921-1993) sociologo della politica di grande originalità e spessore, poco noto da noi per via di presunte simpatie di estrema destra - in realtà mai nutrite.

Condotta da Charles Blanchet, sacerdote e filosofo, studioso del personalismo cristiano, l’intervista apparve in Francia nel 1991, due anni prima della scomparsa di Freund, e ne rappresenta una sorta di biografia intellettuale e testamento spirituale.

Giovanissimo, Freund partecipa alla resistenza francese, e ha modo di toccare con mano i comportamenti orribili dei comunisti staliniani; poi anche i socialisti lo deludono, così decide di abbandonare la militanza e di dedicarsi esclusivamente alla sua vocazione di teorico e studioso delle idee.

Riconoscendone il non comune valore, Raymond Aron accetta di dirigere la sua tesi di laurea, che sarà poi pubblicata con il titolo “L’essenza del politico” (1965). Seguiranno Sociologia del conflitto” (1983) e La decadenza (1984). Con le stesso Aron, oltre che con Carl Schmitt (“un personaggio degno di Dostoevskij”) lo studioso svilupperà nel corso della vita una notevole sintonia intellettuale e un proficuo dialogo.

Grande maestro di realismo, per Freund la politica è prima di ogni altra cosa “l’individuazione di un nemico”. Oltre al politico, egli individua altre cinque “essenze”, cioè campi primari dell’agire umano, ai quali non ci si può sottrarre nel corso della storia: sono i fattori economico, religioso, scientifico, etico ed estetico. Su ognuno di questi aspetti, il sociologo si intrattiene diffusamente con il suo raffinato interlocutore, spaziando da Kant a Weber, dalla scienza alla metafisica.

Freund deve ad Aristotele la consapevolezza che i contrari sono insopprimibili, perciò respinge la dialettica hegeliana, che prevede la ricomposizione e il superamento del conflitto. “La società non si sviluppa linearmente, in funzione di un programma oppure in condizioni completamente logiche”.

Ma avverte: “Sarebbe un errore grossolano interpretare la mia critica al razionalismo come una riprovazione della ragione e un elogio dell’irrazionale. La ragione è una facoltà costitutiva dell’essere umano; tuttavia sarebbe poco ragionevole ridurre alla ragione l’essere, la vita, la storia. Bisogna al contrario riconoscere la parte che giocano l’imprevedibile e il tumultuoso, gli umori e le passioni, per poter ammirare in tutta la sua ricchezza l’avventura umana”.