Qui di seguito, la mia recensione di "Uomini contro. La lunga marcia dell'antifemminismo italiano", di Mirella Serri (Longanesi) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 20 dicembre.
Nel
ricostruire “La lunga marcia dell’antifemminismo italiano”, Mirella Serri prende
spunto da una riunione di Direzione del Partito comunista italiano, neanche
tanto “storica”. Siamo nel 1961, all’ordine del giorno vi è, fra le altre cose,
la nomina di Nilde Jotti alla presidenza della Commissione femminile.
La
candidata viene sottoposta a un fuoco di fila di reprimende insopportabili. Amendola
fa riferimento alle “questioni personali e familiari già note”; Berlinguer rincara:
“Non sono sicuro che possa portare a quel posto di direzione la serenità
necessaria”; Pajetta parla esplicitamente di “difetti” che Jotti dovrà
“correggere e superare”.
La
tesi di Serri è che le donne abbiano dovuto affrontare, dopo la Resistenza e
fino agli anni Duemila, un autentico “contrattacco” da parte degli uomini al
potere (comunisti, democristiani, berlusconiani) nel tentativo, in parte
riuscito, di contrastare la “democrazia paritaria” prefigurata dalla
Costituzione.
La
storia che lega Jotti al leader storico del Pci, Palmiro Togliatti, è
ricostruita nei dettagli. Quando nasce l’idillio, nel ’46, lei ha 26 anni e lui
53. Il Migliore scarica la moglie tra la riprovazione generale dei dirigenti
del partito – molti dei quali però si comportano anche peggio. Nilde non avrà
mai vita facile: nel ‘48 le viene imputato l’insuccesso elettorale di aprile e
l’attentato al segretario a luglio. Solo nel 1979 avrà il meritato
riconoscimento, con l’elezione alla presidenza della Camera.
L’altra
figura centrale del saggio è quella di Julius Evola, filosofo nazi-fascista,
misogino e antisemita. Evola piace al Duce e a Hitler, e sarà il grande
ispiratore di un’intera generazione di neofascisti ostili all’Italia
repubblicana, compresi gli stupratori del Circeo. L’autore di “Rivolta contro
il mondo moderno” (1934) è uno snob, aristocratico e solitario, pittore dadaista
e avvezzo alla cocaina. Grande appassionato di orge sessuali promiscue, ammira
D’Annunzio e Oscar Wilde. I suoi nemici giurati sono gli ebrei e, inutile
dirlo, le donne emancipate.
Particolarmente
interessante è il filo che collega il pensiero di Evola al presidente/dittatore
Vladimir Putin, la cui “legge sugli schiaffi” ha depenalizzato la violenza
domestica in Russia, derubricandola a infrazione amministrativa. E’ Alexsander
Dugin, l’ideologo di Putin, a tradurre Evola in russo e a introdurlo nel
dibattito pubblico, in una sorta di mescolanza perversa fra fascismo russo e
neo-stalinismo.
“La lunga marcia dell’antifemminismo italiano è approdata in Russia e alimenta l’ostilità nei confronti del sistema democratico dell’Occidente”.