giovedì 24 marzo 2022

"Uccidere il tiranno", di Aldo Andrea Cassi (Salerno)

Qui di seguito, la mia recensione di "Uccidere il tiranno", di Aldo Andrea Cassi (Salerno Editrice) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.

Aldo Andrea Cassi è uno storico del diritto, ed è in un’ottica specificamente giuridica che egli analizza, in un agile excursus, la storia dei tirannicidi nel corso dei secoli.

Nell’Atene di Solone, Pisistrato conquista abilmente il potere e si comporta da primo “tiranno” della storia: i suoi figli Ipparco e Ippia ne pagheranno il fio. Ma il grande, celebre episodio dell’antichità, paradigmatico del tirannicidio, è l’uccisione di Cesare, ricostruita qui con grande rigore storiografico. Secondo Svetonio e Cicerone, Cesare fu ucciso “giustamente” (iure caesus) cioè secondo diritto. Questa continua ricerca della “legalità”, cioè di una giustificazione giuridica e morale al tirannicidio, è il filo rosso che la civiltà insegue nel corso dei secoli.

Secondo San Paolo “ogni potere discende da Dio”, di conseguenza “chi si oppone all’autorità, resiste all’ordine di Dio”; viceversa, per Giovanni di Salisbury, il tirannicidio può essere “giusto, onorabile, financo un atto di pietà”. Dopo Marsilio, Ockham e vari altri, verrà finalmente Machiavelli a liquidare con parole definitive l’intera scientia iuris medioevale.

Il Principe, infatti, non fa menzione alcuna di tiranni: la distinzione fra principe e tiranno non trova cittadinanza in Machiavelli. Per il fondatore del pensiero politico moderno, la sfera politica rivendica una netta indipendenza dalla giurisprudenza, dalla teologia e persino dall’etica. Di tirannia però egli parla nei Discorsi, constatando con disincanto che i tirannicidi finiscono quasi sempre male.

Intanto gli esempi abbondano, da Carlo I d’Inghilterra (1649) che finisce sul patibolo al termine di un processo “legalitario”, a Luigi XVI che viene processato in totale spregio di tutte le garanzie conquistate con la Rivoluzione. Molti sovrani sono uccisi per mano di rivoluzionari e anarchici: lo zar Alessandro II (1881) la mitica “Sissi” (1898) Umberto I (1900). Seguono a ruota l’Arciduca d’Austria (Sarajevo ’14) e lo zar Nicola II nel 1918, quest’ultimo per mano dei bolscevichi. Lenin scrive: “Questo potere non riconosce alcun altro potere, alcuna legge, alcuna norma”. Si inaugura così l’epoca dei totalitarismi, in cui il “sovrano” è rappresentato da uno Stato con poteri illimitati.

Dopo i conflitti mondiali, riprendono i tentativi del diritto internazionale di dare una legittimazione giuridica alla deposizione dei dittatori. Le guerre in Kosovo, Iraq e Libia cercano faticosamente un riconoscimento legalitario, per “fare cessare il massacro delle popolazioni civili”, ma anche l’azione di ripristino della legalità internazionale si presta a poteri discrezionali e scelte arbitrarie.

domenica 6 marzo 2022

"Noi, umani", di Frank Westerman (Iperborea)

 Qui di seguito, la mia recensione di "Noi, umani" di Frank Westerman (Iperborea) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 2 marzo.

“Benvenuta, Flo. Flo è stata portata alla luce il 6 dicembre 2003, giorno che segna l’inizio del suo nuovo viaggio nel mondo moderno. Scienziati indonesiani e di altri paesi stanno conducendo una serie di ricerche per assegnare un posto al nuovo ramo che la rappresenta sull’albero dell’evoluzione umana”. Prende spunto dal rinvenimento in Indonesia dell’Uomo di Flores, un esemplare femminile di ominide, piccolo e dalla massa cerebrale assai ridotta, l’ultimo reportage del grande narratore olandese Frank Westerman.

La scoperta sconvolge tutte le teorie fino a quel momento in auge sull’origine della specie umana. Si tratta forse del famoso “anello mancante”? Oppure è una scoperta che mette in discussione alla radice l’idea stessa di distinzione fra l’essere umano e le altre specie animali?

Praticamente il cento per cento della popolazione mondiale ritiene che l’uomo sia superiore agli animali. Accanto al linguaggio e al controllo del fuoco, coesistono la capacità di pensare in astratto, la capacità artistica, la coscienza di sé, la consapevolezza della propria mortalità.

Secondo i darwinisti, “a indirizzare le nostre azioni sono i geni egoisti, che mirano solo a riprodursi”. In particolare, ciò che ci distingue dalle altre specie è l’astuzia con cui l’Homo sapiens è riuscito ad applicare le tecniche dell’inganno alla caccia.

Per contro, non manca chi considera l’eccezionalità dell’Homo sapiens un’idea superata, fuori moda. La pretesa superiorità umana non è nient’altro che una forma di presunzione, frutto di un’arroganza del tutto immotivata, un brutto esempio di superbia, figlia dell’antropocentrismo. Oggi l’atteggiamento ecologicamente corretto si riassume nell’eliminazione delle differenze: l’Homo sapiens è un animale come tutti gli altri.

Il tentativo di risposta di Westerman è più elaborato: “L’essere umano è un animale che si è liberato della catena ed è fuggito dal regno naturale (…) Nessun’altra specie è mai riuscita a fuggire dalla gabbia della natura. Da allora ci diffondiamo sulla sfera terrestre come hooligans che dopo aver abbattuto il cancello invadono il campo”.

Ma non è finita. Nel 2017 il paleoantropologo francese Jean-Jacques Hublin attribuisce un cranio rinvenuto in Marocco a un Homo sapiens, e visto che questo “marocchino” era vissuto 300.000 anni fa, Hublin se ne viene fuori con lo scoop che “noi” siamo una volta e mezzo più vecchi di quanto credevamo. Non sarebbe ora, conclude Westerman, di denunciare al mondo gli errori della paleoantropologia?