Qui di seguito, la mia recensione di "Noi, umani" di Frank Westerman (Iperborea) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 2 marzo.
“Benvenuta,
Flo. Flo è stata portata alla luce il 6 dicembre 2003, giorno che segna
l’inizio del suo nuovo viaggio nel mondo moderno. Scienziati indonesiani e di
altri paesi stanno conducendo una serie di ricerche per assegnare un posto al
nuovo ramo che la rappresenta sull’albero dell’evoluzione umana”. Prende spunto
dal rinvenimento in Indonesia dell’Uomo di Flores, un esemplare femminile di
ominide, piccolo e dalla massa cerebrale assai ridotta, l’ultimo reportage del
grande narratore olandese Frank Westerman.
La
scoperta sconvolge tutte le teorie fino a quel momento in auge sull’origine
della specie umana. Si tratta forse del famoso “anello mancante”? Oppure è una
scoperta che mette in discussione alla radice l’idea stessa di distinzione fra
l’essere umano e le altre specie animali?
Praticamente
il cento per cento della popolazione mondiale ritiene che l’uomo sia superiore
agli animali. Accanto al linguaggio e al controllo del fuoco, coesistono la
capacità di pensare in astratto, la capacità artistica, la coscienza di sé, la
consapevolezza della propria mortalità.
Secondo
i darwinisti, “a indirizzare le nostre azioni sono i geni egoisti, che mirano
solo a riprodursi”. In particolare, ciò che ci distingue dalle altre specie è
l’astuzia con cui l’Homo sapiens è riuscito ad applicare le tecniche
dell’inganno alla caccia.
Per
contro, non manca chi considera l’eccezionalità dell’Homo sapiens
un’idea superata, fuori moda. La pretesa superiorità umana non è nient’altro
che una forma di presunzione, frutto di un’arroganza del tutto immotivata, un
brutto esempio di superbia, figlia dell’antropocentrismo. Oggi l’atteggiamento
ecologicamente corretto si riassume nell’eliminazione delle differenze: l’Homo
sapiens è un animale come tutti gli altri.
Il
tentativo di risposta di Westerman è più elaborato: “L’essere umano è un
animale che si è liberato della catena ed è fuggito dal regno naturale (…) Nessun’altra
specie è mai riuscita a fuggire dalla gabbia della natura. Da allora ci
diffondiamo sulla sfera terrestre come hooligans che dopo aver abbattuto il
cancello invadono il campo”.
Ma
non è finita. Nel 2017 il paleoantropologo francese Jean-Jacques Hublin attribuisce
un cranio rinvenuto in Marocco a un Homo sapiens, e visto che questo
“marocchino” era vissuto 300.000 anni fa, Hublin se ne viene fuori con lo scoop
che “noi” siamo una volta e mezzo più vecchi di quanto credevamo. Non sarebbe
ora, conclude Westerman, di denunciare al mondo gli errori della
paleoantropologia?
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