mercoledì 19 luglio 2017

Ma Davide Casaleggio, chi è...???

Gianroberto Casaleggio (1954-2016) imprenditore nel settore comunicazione, è stato il co-fondatore di un movimento politico. Ma suo figlio Davide, chi è? Che ruolo ricopre, e a che titolo?
Costui ha ereditato l’azienda paterna, e va bene. Ma ha ereditato anche la leadership del “Movimento”? All’inizio ci si sentiva rispondere: Davide è solo un consulente, esperto di comunicazione. Per la verità, Grillo ci aveva provato anche con il padre, ma presto si era dovuto arrendere all’evidenza: senza la regìa di Casaleggio, il comico/cabarettista non sarebbe mai arrivato a questi risultati. Perciò la co-leadership dell'imprenditore era stata riconosciuta, e la somiglianza con il “partito-azienda” di Berlusconi sottaciuta. Presentato alla grande da Grillo, Casaleggio-padre interveniva dal palco alle manifestazioni e, non essendo un grande oratore, invitava il pubblico a scandire “Ber-lin-guer, Ber-lin-guer”. Pace ai sepolti.
Con Davide Casaleggio le cose sono andate più o meno allo stesso modo. Inizialmente, gestiva solo la famosa piattaforma “Rousseau” (i grillini amano la “volontà generale” e la democrazia totalitaria, e dunque Rousseau; della libertà individuale e della separazione dei poteri, di Voltaire e di Montesquieu, non parlano mai). Poi però cominciano a fioccare le interviste.
Il 3 aprile il Figlio del Fondatore dichiara al Corriere: “In autunno sceglieremo il candidato premier”. Caspita che consulente. Il 20 maggio affianca Beppe Grillo nella marcia Perugia-Assisi per il c.d. “reddito di cittadinanza”. Domenica 11 giugno lo stesso Corriere fa uno scoop:  “Grillo-Casaleggio, summit al ristorante”. Summit? Il 14 giugno, dopo la sconfitta elettorale, Davide Casaleggio dichiara: “Ora ci sarà meno pressione. Ecco le nuove regole”. Le nuove regole… per cosa? Per selezionare i candidati e la classe dirigente del “Movimento”, dopo la figuraccia di Genova. Dunque, nel Movimento, chi comanda è lui, che conta più di qualsiasi parlamentare e membro del "direttorio". Infine, venerdì 7 luglio, apprendiamo che M5S-Rousseau hanno raccolto, congiuntamente, 22.500 euro di “donazioni”, esattamente allo stesso titolo di tutti gli altri partiti. Per la precisione: 14.000 dal M5S siciliano e 8.500 da tale Filippo Pittarello, che è un collaboratore dello stesso Casaleggio. Dunque il M5S non ha uno statuto, per non assomigliare agli altri partiti; però l’Associazione Rousseau sì, ce l’ha, sennò non potrebbe incassare i contributi.
Chiaro, no?
Quello che non è affatto chiaro è perché tanti elettori, simpatizzanti e votanti di quel partito politico, inveiscano quotidianamente “contro i partiti” e “contro i politici”. In particolare contro le “false primarie” del PD e contro la “deriva autoritaria” di Matteo Renzi. Almeno il PD elegge il suo segretario attraverso primarie aperte, alle quali hanno partecipato l’ultima volta quasi due milioni di persone.
Ancora meno chiara è l’apertura di credito che tanti esponenti di “sinistra sinistra”, in odio al PD e a Renzi, avanzano nei confronti del M5S. Gli scissionisti lamentano la scarsa democraticità del PD, che pratica le primarie aperte a tutti, e poi guardano con simpatia a un movimento politico che ha avuto 37 parlamentari espulsi, nei primi due anni di legislatura. Che vergogna.

Con la leadership autocratica di Davide Casaleggio, il Movimento 5 Stelle si conferma un partito verticistico, ideologicamente totalitario, tipicamente giustizialista e giacobino. Un partito di incompetenti e avventuristi, pericoloso per il futuro della democrazia italiana. 

domenica 16 luglio 2017

Io non mi chiamo Miriam

Il suo vero nome è Malika, non Miriam; non è ebrea, ma rom. Poco più che adolescente, Malika è stata imprigionata, chiusa in convento, poi deportata ad Auschvitz, infine trasferita a Ravensbruck. Prima di scendere dal vagone merci, dove è stata picchiata da alcune “politiche”, scambia il vestito lacerato con quello di una ragazza morta durante il viaggio. Su quel braccio è inciso un numero quasi simile al suo. Su quella manica è cucita una stella gialla. (...)
La Axelsson si sottrae magistralmente a tutte le astuzie che lo spunto narrativo sembra offrirle, ai tanti luoghi comuni che oggi costituiscono l’armamentario di un certo antisemitismo “soft”: l’accusa agli ebrei di voler monopolizzare il genocidio, i paragoni odiosi con chi avrebbe “sofferto di più”, il tentativo “sociale”, cioè ideologico, di banalizzare la Shoah. (...)

A questo link, la mia recensione di "Io non mi chiamo Miriam", di Majgull Axelsson (Edizioni Iperborea) pubblicata su Il Foglio di lunedì 10 luglio. 
http://www.ilfoglio.it/libri/2017/07/10/news/io-non-mi-chiamo-miriam-143669/

giovedì 13 luglio 2017

Bernard Berenson

Perdonate questa lunga assenza, vi prego, dovuta a soverchianti impegni pubblici e privati.

Dotato di un’eccezionale memoria visiva, vastissima conoscenza storica, perseveranza e capacità di concentrazione, unite a una fortissima personalità, Bernard Berenson è considerato forse il più grande critico d’arte del mondo moderno, sicuramente colui che più di ogni altro ha contribuito alla conoscenza e alla valorizzazione del Rinascimento italiano. (...)
“Svoltai nella direzione sbagliata - scriverà poco prima di morire, nel 1959 – quando mi allontanai dalle occupazioni più puramente intellettuali. La mia unica scusa è che anch’io avevo bisogno di guadagnare. (…) Il mio mestiere s’è preso il talento creativo che c’era dentro di me, con il risultato che questo mestiere ha costituito la mia reputazione, e il resto di me contava poco. La perdita spirituale è stata grande e di conseguenza mi sono considerato sempre e solo un fallito”.

A questo link, la mia recensione completa di "Bernard Berenson - Da Boston a Firenze", di Rachel Cohen (Adelphi) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 12 luglio.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=66939