mercoledì 22 giugno 2022

"Cose dell'altro mondo. Pirandello e Dante", di Annamaria Andreoli (Ed. Salerno)

Qui di seguito, la mia recensione di "Cose dell'altro mondo. Pirandello e Dante", di Annamaria Andreoli (Ed. Salerno) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di oggi.

“Diversi nodi avvincono Pirandello a Dante”, spiega Annamaria Andreoli, studiosa di letteratura italiana e presidente dell’Istituto di Studi Pirandelliani di Roma. Gli esempi si sprecano. Nel mezzo del cammino della sua vita, il trentatreenne Mattia Pascal sperimenta una sorta di passaggio fra la vita e la morte, sia pure intesa come “morte civile”; nel capitolo finale di Uno, nessuno e centomila, il protagonista Vitangelo Moscarda mormora sconfortato fra sé e sé: “Quest’albero, respiro tremulo di foglie nuove. Sono quest’albero”, emulo del suicida Pier Della Vigna, trasformato in pianta per la legge del contrappasso, nel celebre Canto XIII dell’Inferno. E così via.

In realtà, il giovane Pirandello ha respirato Dante in famiglia fin dalla più tenera età. Nel corso delll’800, il sommo poeta è il Padre della patria e simbolo del Risorgimento italiano; per il padre di Luigi, fervente patriota, battersi a fianco di Garibaldi e leggere Dante sono una cosa sola.

In seguito, l’opera di Pirandello resta legata a Dante in modo indissolubile. Il 1921, sesto centenario della morte di Dante, è l’anno del debutto di Sei personaggi in cerca d’autore, che procura a Pirandello il successo internazionale. Questa commedia, osserva Andreoli, “racchiude come in uno scrigno vari omaggi danteschi, che molto suggeriscono sui rapporti che lo scrittore da sempre intrattiene con la Divina Commedia”, in particolare per la “doppia esistenza” di alcuni personaggi che Dante incontra durante il suo viaggio nell’Aldilà. Anche l’Enrico IV, pubblicato alla fine dello stesso anno, può e deve essere interpretato come un’opera ricca di influssi danteschi – l’unica che Pirandello abbia ambientato in pieno Medioevo.

In occasione delle celebrazioni di quell’anno, Pirandello pubblica su “L’Idea Nazionale” un articolo, “La poesia di Dante”, nel quale egli lo interpreta come poeta della passione civile, della denuncia, dell’invettiva indignata. Caratteristiche, inutile dirlo, che egli rivendica come proprie, e che ben si attagliano al suo carattere scostante e sulfureo.

Del resto, nell’opera di Pirandello, le invettive politiche “dantesche” erano risuonate per tempo: “La mia patria se la mangiano i cani… Io odio l’Italia d’oggi, personificata nel suo Re galantuomo e imbecille, che siede su un trono merdoso…”. Nel Fu Mattia Pascal leggiamo una tirata in piena regola contro la democrazia: “Bel guadagno essere governati dalla maggioranza; quando i molti governano… si ha la tirannia più odiosa: la tirannia mascherata da libertà!”.

martedì 7 giugno 2022

"Il rovescio dell'abito", di Marta Morazzoni (Guanda)

Qui di seguito, la mia recensione di "Il rovescio dell'abito", di Marta Morazzoni (Ed. Guanda) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 1 giugno.

Parigi, 1932. La marchesa Luisa Casati Stampa di Soncino è rovinata. Una delle donne più ricche d’Europa ha dilapidato il suo immenso patrimonio in vestiti, feste, ricevimenti e altre frivolezze ancor più costose, naturalmente senza accorgersene, tutta concentrata com’era su sé stessa e sull’irresistibile necessità di manifestare la sua innata eleganza. Le dà la ferale notizia il fedele avvocato Bassi, amministratore scrupoloso e uomo impacciato, scosso nell’intimo da sentimenti timidi e confusi.

Come spesso accade in queste circostanze, con la ricchezza Luisa perde anche gli amici, in particolare “quel” tipo di amici: ammiratori, adulatori e imitatori invidiosi, incapaci di eguagliare una raffinatezza inarrivabile. Da parte dell’ex-marito, il marchese Camillo Casati, può aspettarsi solo irritazione e sarcasmo, nessuna solidarietà, e meno che mai nessun aiuto sostanziale. Del resto, la massa debitoria è tale da rendere impossibile qualsiasi tentativo di salvataggio.

“Perciò affonderà? azzardò a concludere la dama, esprimendo una preoccupazione che corrispondeva a un interiore, malcelato tripudio, sebbene nemmeno nel profondo di sé lo avrebbe ammesso. Ma nella comunità compatta dei ricchi, da cui il favoloso mondo della marchesa Casati era stato accolto sempre con indulgenza sospettosa, la bomba esplosa in quei giorni faceva correre un brivido di inconfessato piacere. Più nelle donne che negli uomini, bisogna riconoscerlo”.

Luisa si rifugia nella malinconia e vaga nei ricordi. Riemergono le galanterie di Gabriele D’Annunzio, le pose per i ritratti di Boldini - il più noto è in copertina del libro - e soprattutto i vestiti creati da Olga, la sua umile e fedele sarta personale. Vendere per monetizzare qualcosa risulta impraticabile ma, fra i molti oggetti preziosi si salva dal sequestro una magnifica collana di rarissime perle nere. Il gioiello, che vale una fortuna, diviene esso stesso centro e anima del romanzo, un tappo di sughero fra i marosi dell’oceano in tempesta.

Fra i due uomini, il Bassi e il Casati, nasce una sorta di amicizia virile, nella quale ciascuno mostra con cautela le proprie fragilità. Sarà la sontuosa collana di perle nere a rivelare i sentimenti inconfessabili dell’uno e dell’altro.

Nella pagina introduttiva, Marta Morazzoni confessa: “Credevo non fosse da me addentrarmi nel mondo che lei ha impregnato del suo egocentrismo, ma mi sono affacciata sulla soglia, ho dato più di un’occhiata e ho dovuto ammettere che il contagio c’è stato”.