Il
superamento del “bicameralismo perfetto” è forse il punto più importante e
qualificante della riforma costituzionale. La propaganda urlata e indignata del
No può sbraitare quanto vuole, ma si tratta sicuramente di un fatto innovativo
e positivo. Il fatto che la Camera e il Senato abbiano esattamente le stesse funzioni
e gli stessi poteri, è un’anomalia tutta italiana che andava superata, prima o
poi. Si tratta di un doppione inutile. Una sola Camera è sufficiente per il
processo legislativo e democratico. Comunque l’assetto costituzionale italiano non cambia. Il nostro sistema resta parlamentare. Però si semplifica e si
razionalizza.
630 deputati
bastano (e avanzano) per votare la fiducia al governo, approvare le leggi,
rappresentare gli interessi e gli ideali dei cittadini in un’assemblea elettiva
nazionale. Questa Camera sarà eletta con un nuovo sistema elettorale: che esso
sia maggioritario e con i collegi elettorali (come spero) o proporzionale con
le preferenze (come prevedo e temo) non c’entra nulla con l’argomento di cui
stiamo parlando. Anche nel nuovo assetto che dovesse scaturire dalla vittoria
del Sì e dall’Italicum, modificato o no, il governo sarà sempre legittimato
solo dalla fiducia del Parlamento. Chiaro…?
Quale sarà
la composizione del nuovo Senato? I 74 senatori/consiglieri regionali saranno
eletti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati
consiglieri” (una formula molto generica, imposta da Bersani). Per le modalità di
elezione, la riforma rimanda alla legge ordinaria: in questo non c’è nulla di
scandaloso, poiché da sempre le leggi elettorali NON sono inserite nella
Costituzione. La legge elettorale del Senato, per evidenti ragioni, poteva
essere fatta solo dopo, non prima del referendum confermativo.
In ogni
caso, sarà sottoposta al giudizio preventivo di legittimità della Corte
costituzionale.
Quali
saranno le prerogative, cioè le competenze, del nuovo Senato?
Sicuramente
sarà molto ridimensionato nelle funzioni. La riforma indica l’iniziativa di
legge davanti alla Camera, e tutta una serie di altre funzioni - di raccordo
con lo Stato e le sue articolazioni, con l’Unione europea, di valutazione delle
leggi e delle pubbliche amministrazioni, di valutazione delle nomine, più vari
pareri e attività conoscitive – tutte o quasi riconducibili a un unico,
fondamentale criterio: si tratta di funzioni che chiamano in causa direttamente
“l’interesse dei territori”, che sarà il compito istituzionale del nuovo
Senato.
Infine, la
riforma indica alcuni aspetti nei quali il Senato continua a concorrere
effettivamente al processo legislativo. Essi riguardano le leggi che hanno un
impatto nazionale (le leggi costituzionali, i referendum eccetera) le leggi che
hanno uno specifico rilievo regionale e locale (per le ragioni che abbiamo
visto) e le leggi che riguardano direttamente il Senato stesso (modalità di
elezione, ineleggibilità, incompatibilità eccetera).
Insomma la
materia è complessa. Però non si può bocciare la riforma con la scusa che “è un
gran casino”, perché è un gran casino anche lasciare le cose come stanno. I
dettagli tecnici, gli aspetti giuridici sono complicati, ma tutti possono
capire il senso della riforma nei suoi aspetti di fondo.
(Domani, se
riesco, scriverò della riforma riguardo ai rapporti fra poteri del governo ed
enti periferici).
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