Qui di seguito, la mia recensione di Il lupo di Skopje, di Annick Amdin (edizioni Astoria) apparsa sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 26 ottobre.
Senza
esitare, d'istinto, Clémence si tuffa nell'acqua gelida e salva la vita a un
giovane che si è buttato nel fiume dall'alto di un viadotto. Lo rianima, lo
porta a casa, lo nutre. Ma il ragazzo, Jan, rapidamente si eclissa. Dopo
qualche giorno, Clémence lo ritrova in un vicolo squallido e malfamato, chiuso
in sé stesso e dedito al piccolo spaccio.
Nuovamente
la donna si offre di aiutarlo, gli lascia il suo recapito; lui mostra
indifferenza ma, contro ogni previsione, si presenta poi in cerca di ospitalità
e sostegno. Clémence e Davide sono una coppia di mezza età, in crisi e senza
figli, vivono in una bella casa in cui però manca da tempo l'armonia. I due decidono
di accogliere Jan come un figlio e di farsi carico dei suoi problemi: una
scelta che sconvolgerà drammaticamente la loro esistenza.
Clémence
è turbata. Ha 45 anni, si sente sola e trascurata dal marito, è frustrata
professionalmente e sessualmente. Ora la eccita la presenza del ragazzo, che
potrebbe essere suo figlio: si sente attratta, nutre pensieri inconfessabili e peccaminosi.
Chi
è in realtà Jan? Qualcosa di oscuro si nasconde nel suo passato. Ha l'aspetto
tipico del giovane balcanico, un lupo solitario disadattato e asociale. Ha soltanto
17 anni, ma con l'aria del duro, cresciuto troppo in fretta e abituato a vivere
nei guai. Jan è cinico, strafottente, impunito, anche se sotto la scorza rivela
un cuore sensibile, una spiccata intelligenza e un disperato bisogno d'amore.
"L’unica
cosa che è rimasta a me è il coltello. E’ un bellissimo coltello, a
serramanico. (…) Quando tiri fuori il coltello ci sono quelli che arretrano e
quelli che no. In generale se non arretrano vuol dire che ce l’hanno pure loro,
il coltello. Ho usato il coltello contro una persona sei volte. Cinque per
ferire, per spaventare. Una volta sola, per uccidere”.
Jan
è l'unico personaggio a esprimersi in prima persona, con visioni allucinate e tratti
autistici. Con lo scorrere delle pagine, dalla lontana Macedonia emerge una
storia di sfruttamento, sopraffazione e disperazione; un ambiente degradato,
dove sesso e prostituzione sono gli ingredienti quotidiani di una vita dura e
violenta. Il testimone narrativo passa da
un personaggio all'altro, da Skopje all'Italia, avanti e indietro nel tempo, in
un crescendo avvincente e drammatico.
Il lupo di Skopje è un tipico romanzo di formazione, un racconto corale, a più voci, come già il precedente Io sono del mio amato (2020) lavoro d’esordio della Emdin: anche in questo caso, non mancano i messaggi positivi, la voglia di riscatto, la speranza.
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