Ho
finalmente letto Viaggio al termine della
notte, un grande romanzo, uno dei più innovativi della letteratura francese
del ‘900. Penso che solo un essere spregevole, come in effetti fu Céline, potesse
arrivare a descrivere così bene quell’umanità sordida e meschina, immersa in “una
miseria morale che è ancora peggiore di quella materiale”, come è stato scritto.
Ci riesce, perché anche lui è così. Il protagonista del Viaggio (1932) schiettamente
autobiografico, è appena meno colpevole degli altri personaggi, ma è complice
dei loro misfatti, esattamente come Céline sarà complice, in seguito, degli
occupanti nazisti e dello sterminio degli ebrei francesi, attraverso i suoi
famigerati e odiosi tre pamphlet antisemiti. Alla Liberazione, Céline scappa in
Germania, poi in Danimarca, dove si nasconde finché non viene stanato, processato
e condannato a un anno di carcere. Tornerà in Francia solo nel 1951, amnistiato,
e vivrà in povertà e solitudine fino alla morte nel 1961. Ha scritto altri libri,
che ora mi attraggono molto: li cercherò, li leggerò. Céline è sicuramente uno
scrittore di straordinario talento, ma il giudizio sulla qualità morale dell’uomo
non può cambiare. Alcuni, fra cui Camus e Gallimard, hanno cercato di essere indulgenti, lui stesso in alcune
interviste tenta di giustificarsi, presentandosi come un misantropo, un personaggio dolente e bizzarro, un anarchico. No, non scherziamo: nessuno sconto è possibile. Le parole
di disprezzo e di odio, l’incitamento alla delazione e allo sterminio degli
ebrei francesi sono colpe che non si possono emendare.
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