Gabriele Nissim ha respinto con molto
garbo e fermezza le mie critiche, ma io le ribadisco con altrettanta convinzione.
Intendiamoci bene: iniziative come il Giardino dei Giusti, per esempio, hanno un
alto valore morale e di testimonianza. Questo lo do per scontato e non si
tratta di un espediente retorico. Nel mio blog precedente ho voluto però
rimarcare l’esigenza di un approccio completamente diverso, quello politico
rispetto a quello morale - che porta a conclusioni diverse, a volte addirittura
opposte - come cercherò di dimostrare.
Primo. Non ho scritto un reportage
giornalistico sull’incontro di martedì sera al Parenti. Non avevo un dovere di
completezza rispetto ai vari interventi della serata, e non mi sono affatto
“dimenticato” (come ha scritto Gabriele) di Hamadi ben Abdessalem, l’eroico
tunisino che ha salvato tante vite italiane al Museo Bardo di Tunisi. La sua è
stata una testimonianza toccante. Solo, io considero ben più rilevanti, da un
punto di vista politico appunto, gli interventi di Olivier Roy e di Alberto Negri.
E non mi considero affatto “fazioso”, come ha scritto qualcuno, se sottolineo
alcune cose e ne trascuro altre. Valuto le cose secondo la loro importanza,
come tutti. Aggiungo, per essere ancora più chiaro, che considero il fatto di
andare in Israele a piantare un albero, in segno di pace, un gesto di alto
valore simbolico, culturale e morale, particolarmente coraggioso da parte di un
arabo-musulmano. Posso permettermi sommessamente di fare notare che si tratta
di una felice eccezione, e che la regola è purtroppo un’altra? E che, se questo
gesto è possibile, è perché Israele esiste? E che, se Israele esiste, è grazie
al suo forte esercito…?
Secondo. Non condivido affatto e anzi
respingo nella maniera più ferma l’approccio “sociologico” di Olivier Roy
(anche qui, rimando al mio blog precedente). Lo contesto alla radice. Il fatto che i terroristi sin qui individuati
siano di scarsa educazione religiosa e culturalmente emarginati, assolutamente non
rileva, ai fini della lotta al terrorismo. Sono musulmani i loro mandanti,
le organizzazioni che li armano, coloro che li usano come burattini. Questa è
la matrice profondamente “religiosa” del terrorismo islamista, rispetto alla
quale le politiche di integrazione – le moschee “aperte” indicate da Roy - non
sono una risposta. L’integrazione è una
risposta all’immigrazione, non al terrorismo. Fra l’altro, la tesi del c.d.
“analfabetismo religioso” è la stessa sostenuta in TV con grande enfasi da
Sumaya Abdel Qader e dal suo ambiente, ed è facile intuirne la ragione: perché spiana
la strada alla strategia di sistematica penetrazione politico-religiosa della
Fratellanza Musulmana (con le sue varie sigle, derivazioni e diramazioni) nelle
società europee. Aggiungo, per buona misura, che anche la tesi tipicamente cattolica
sulla c.d. “assenza di valori” dell’Occidente, non mi convince affatto. Di quale
“assenza di valori” stiamo parlando? La libertà sessuale, l’autonomia della
donna, i diritti degli omosessuali, il diritto di non credere in nessun Dio,
sono valori fondativi della civiltà occidentale, o no? E’ anche, anzi
soprattutto contro queste libertà, considerate disvalori, che il
fondamentalismo islamista muove guerra all’Occidente. La Chiesa cattolica, come
sempre, cerca di portare acqua al suo mulino.
Terzo. Altrettanto fermamente ho
contestato l’analisi di Alberto Negri, tutta incentrata sulla tesi delle “colpe
dell’Occidente”. Negri ha citato il colonialismo, io ho ricordato che i paesi teatro delle atroci guerre
contemporanee hanno subìto cinque secoli di dominazione ottomana. E’ giusto
tralasciare questo “dettaglio”? Non ho ricevuto risposta, su questo punto. Nissim
nella sua replica sembra piuttosto dare ragione a Negri, pur precisando che
nessuna ragione giustifica il ricorso al terrorismo: ancora una volta, un
argomento “morale” e non politico. Invece io continuo a pensare che Negri abbia
torto, e che l’eterno riflesso di interrogarci sulle nostre colpe indebolisca le
nostre capacità di reazione. Esco da questa discussione rafforzato nella mia
convinzione circa la “falsa rappresentazione della realtà” insita in molte
iniziative di Gabriele Nissim, pur lodevolissime dal punto di vista della
coscienza individuale.
Alle mie critiche ho ricevuto
reazioni assai diverse. Oltre a quella gentile di Nissim, sono stato accusato
di essere “fazioso”, di avere “insultato” (???) persone autorevolissime, di ragionare
sulla base di “slogan” e di sollevare “polemicucce”. A tutti costoro credo di
avere risposto punto per punto. Ho ricevuto anche molti consensi, in pubblico e
in privato, da parte di amici che conoscono Gabriele da anni, e che individuano
nella sua azione gli stessi ben evidenti limiti che io ho indicato. Nel mio
intimo, questi compensano quelli e tanto mi basta. Ringrazio infine Andrée Ruth
Shammah, instancabile animatrice del Teatro Franco Parenti di Milano, senza il
cui impegno questa discussione non avrebbe mai avuto luogo.
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