Solo in questi giorni mi sono accorto che il 21 ottobre scorso il quotidiano Il Foglio ha pubblicato questa mia recensione di "La scomunica di Hitler", di Oscar Levy (Edizioni Casagrande).
“Come
potete voi, Herr Hitler, un semplice patriota, anche solo osare entrare nel
tempio di Nietzsche e venerarlo al suo sacro altare? (…) Dove sono i vostri
antenati, la vostra genealogia, l’attestato della vostra razza e della vostra
religione? Voi aborrite il cristianesimo e l’ebraismo, ma credete davvero che
ogni pivello abbia il diritto di giudicare una religione che governa il mondo da
duemila anni? Credete veramente che ciò che spetta a Nietzsche, spetti anche a
voi?”.
Folgorato
dalla lettura dei testi di Friedrich Nietzsche, Oscar Levy, uno sconosciuto
ebreo tedesco, fra il 1909 e il 1913 cura la pubblicazione in Inghilterra dell’intera
opera del grande filosofo tedesco, in 18 volumi. Levy è un personaggio originale,
bizzarro: giudica il nazismo un’eresia ebraica, e il comunismo un’eresia
cristiana.
La
sua lettera aperta a Hitler, del 1938, ora tradotta per la prima volta in
italiano da Vincenzo Pinto, rappresenta un vero e proprio atto di rivolta
contro tutte le letture plebee della filosofia nicciana.
“Nietzsche
non era nazionalista, mentre voi lo siete. Nietzsche non era un socialista,
mentre voi lo siete. Nietzsche non era antisemita. (…) Chiamava gli antisemiti
i “perdenti’. Un’altra volta scrisse: ‘Il cielo abbia pietà dell’intelligenza
europea, se fosse privata di quella ebraica’”.
Levy
incalza implacabilmente Hitler sul terreno filosofico: “Col tempo gli europei
hanno capito che il vostro pangermanesimo era un’ideologia basata sulla
filosofia di Fichte e di Hegel”, e quanto al resto, “era una propaganda
assurda, ma come voi sapete e dite bene nel Mein Kampf, la propaganda
deve essere limitata e insensata per avere un successo sorprendente fra le
masse”. E aggiunge: “Ora, Herr Hitler, voi potete essere qualsiasi cosa:
salvatore, assassino, tribuno della plebe, sonnambulo o tutte e quattro queste
cose insieme. Ma io vi dico che non vi meritate nemmeno di lustrare le scarpe a
Nietzsche”.
A
sostegno delle sue tesi, l’autore cita Nietzsche che, in Zarathustra, scrive:
“Voglio avere steccati attorno ai miei pensieri e anche attorno alle mie
parole, perché i maiali e gli esaltati non irrompano nel mio giardino”, e nel
1884, in una lettera alla sorella: “Mi spaventa il pensiero che persone non
qualificate e del tutto inadeguate siano chiamate a esercitare la mia
autorità”.
Amarissimo
e profetico è il giudizio di Levy sulle responsabilità degli intellettuali: “La
verità in politica non sempre è necessaria (…) ma è essenziale nel regno della
scienza e della filosofia, perché il tradimento degli intellettuali porta al fallimento
dei politici, e il fallimento dei politici allo spargimento insensato di sangue
fra i popoli”.
“Ma noi – i pochi veri nicciani in questo falso mondo - non possiamo e non dovremo avere dubbi. Non abbiamo nulla in comune con voi (…) Vi chiediamo quindi di lasciare il nostro giardino”. La lettera aperta di Oscar Levy resterà inedita.
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