venerdì 19 gennaio 2024

Il capanno del pastore, di Tim Winton (Fazi)

 Qui di seguito, la mia recensione di Il capanno del pastore, di Tim Winton (Fazi) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 17 gennaio.

Tim Winton, uno dei più importanti e affermati esponenti della letteratura australiana, offre un romanzo che pare ispirarsi alla grande narrativa americana del Novecento. Winton ricorda London, Steinbeck, Faulkner, e più di tutti Salinger. Jaxie, il ragazzo protagonista, presenta infatti molte caratteristiche comuni al giovane Holden: parla in prima persona, è scurrile e sgrammaticato, si rivolge ai lettori con arroganza e sarcasmo. Jaxie racconta con ammirazione di Lee, la fidanzatina che sogna di raggiungere, così come Holden parlava con orgoglio della sua mitica sorellina Phoebe. Ma l’accostamento finisce qui. Se quello di Salinger era un romanzo leggiadro, questo è invece un violento e durissimo dramma, ambientato nella desolata e desertica campagna australiana.

Il capanno del pastore è diviso in tre parti. Nella prima, il giovane protagonista si dà alla fuga, dopo aver trovato il padre, un macellaio violento e alcolizzato, morto tragicamente nel garage di casa. Con la forza della disperazione, a piedi, Jaxie ingaggia una lunga ed estenuante lotta per la sopravvivenza, dormendo sotto le stelle. Nella seconda parte, quasi stremato da fame e sete, il ragazzo incontra Fintan, l’altro protagonista del romanzo. Costui è un vecchio solitario e derelitto, mezzo sordo, paterno e indulgente verso le intemperanze del giovane. Fintan sembra un vecchio innocuo, ma nasconde con vergogna segreti inconfessabili. Fra i due si stabilisce un rapporto positivo, tratteggiato con sensibilità, realismo e poesia. Nella terza parte, infine, si svolge il dramma imprevisto e violento - che non raccontiamo.

Fintan vive ai bordi di un arido e accecante lago di sale, forte metafora della condizione umana e della solitudine dell’esistenza. “Da solo laggiù, il riva al lago, un lago senz’acqua, cercava di arrangiarsi come poteva (…) Senza più futuro, senza più niente in cui sperare, senza più uno scoglio a cui aggrapparsi. Non aveva più famiglia né amici. In questo eravamo uguali, io e lui”.

Il capanno del pastore è un romanzo di qualità, che può iscritto a pieno titolo anche nella letteratura di formazione.

“Per la prima volta nella vita so quello che voglio e ho quello che mi serve per prendermelo. Se non avete mai provato questa sensazione, mi dispiace per voi. Ma non è sempre stato così. Ho dovuto attraversare il fuoco per arrivare fino a qui. Ho visto delle cose e ho fatto delle cose e mi hanno fatto delle carognate che non ci credereste nemmeno. Quindi siate felici per me. E non mettetevi sulla mia strada, porca troia”.

 

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