giovedì 12 maggio 2022

L'amico armeno, di Andrei Makine

Qui di seguito, la mia recensione di "L'amico armeno", di Andrei Makine (La nave di Teseo) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.

“Lasciammo il cubo. Fuori, un sole basso e rosso ci accecò. Prima di scendere la scarpata coperta di rovi e di fili spinati, Sarven commentò con tristezza: Sai, da noi c’è un proverbio che dice: ‘Provando vergogna per ciò che vede durante il giorno, il sole tramonta arrossendo’. Sarebbe bene che gli uomini facessero altrettanto”.

In un’epoca in cui la letteratura è investita da un generale processo di standardizzazione, è doveroso riconoscere e segnalare i rari libri di alta qualità, capaci di lasciare un segno e di suscitare un’emozione autentica nell’animo del lettore. A questa gamma appartiene L’amico armeno, romanzo breve, intenso e toccante di Andreï Makine, scrittore nato nel ’57 in Siberia e naturalizzato francese, membro dell’Académie Française dal 2016.

Il romanzo – ispirato a un episodio dell’adolescenza dell’autore - è ambientato a Irkutsk, sulle rive del fiume Ienissei, in epoca tardo-sovietica. Qui, in un ambiente ostile e oppressivo, vive un piccolo gruppo di armeni, appena una decina, fra cui il giovane Vardan, il protagonista del libro, coetaneo dell’io narrante. Fra i due ragazzi si stabilisce un’amicizia strana, un rapporto sbilanciato, dominato dalla personalità enigmatica e introversa dell’armeno, che affascina l’amico con osservazioni spiazzanti e comportamenti imprevedibili. Assai più di un compagno di scuola, Vardan si rivela un maestro e una guida, nella vita squallida e livida della provincia siberiana.

Accanto a Vardan, spiccano altre figure della piccola comunità armena, in particolare due donne, la madre e la sorella del ragazzo. Quest’ultima ogni giorno si reca in carcere a trovare il marito, detenuto con un gruppo di indipendentisti armeni, in attesa di un processo politico il cui esito angoscia la piccola e dignitosa comunità.

Da Vardan il giovane narratore viene a conoscenza degli orrori e dello sterminio patiti dal popolo armeno. “Loro non hanno avuto l’aiuto di alcun dio. Nessuna divinità che abbia lanciato un grido. No, nessuno. Come se l’intero universo avesse taciuto”.

Vardan è segnato da una malattia rara, ma a scuola persino i bulli si abituano a non tormentarlo; l’armeno, piccolo e malaticcio, sorprende coetanei e insegnanti con una sensibilità superiore, un’irriducibile diversità e per la capacità di interpretare l’esistente sempre da un punto di vista eccentrico.

“Così, i folli e i poeti sfuggono talvolta alla rete di questa esistenza comune, legittimata dalle nostre abitudini, dalle nostre paure, dalla nostra incapacità di amare”.

 

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