Qui di seguito, la mia recensione di "La donna che decise il suo destino", biografia di Cristina Trivulzio di Belgioioso scritta da Pier Luigi Vercesi, edita da Neri Pozza. La recensione è apparsa sul quotidiano Il Foglio di ieri.
Davvero
una vita da leggenda, quella di Cristina Trivulzio di Belgioioso,
l’aristocratica protagonista del Risorgimento italiano, alla quale di recente il
Comune di Milano ha dedicato una statua, nel 150° anniversario della morte.
Nonostante
le molte maldicenze, l’affascinante principessa non fu affatto una cospiratrice
da salotto: fu presente di persona nei momenti più drammatici e rischiosi della
storia italiana, dalle Cinque Giornate al tragico epilogo della Repubblica
Romana. Fondò giornali, finanziò vari moti e tentativi di insurrezione, dette
vita a grandi istituzioni benefiche, visse in esilio in Francia e in Anatolia.
Pier
Luigi Vercesi ricostruisce minuziosamente la biografia di una donna indomita e
mai sottomessa, attraverso lo studio di un gigantesco archivio epistolare. I
testimoni e i ritrattisti dell’epoca la descrivono come molto alta, bruna,
dallo sguardo luminoso e dal pallore estremo; i detrattori e le spie parlano invece
di una racchia allampanata, dagli occhi spiritati e l’aspetto cadaverico. Di
certo fece innamorare numerosi spasimanti, molti dei quali patrioti squattrinati
in esilio, interessati al suo immenso patrimonio.
Naturalmente,
ebbe non poche difficoltà a farsi ascoltare, in un mondo politico quasi
esclusivamente popolato di maschi: “I miei compatrioti sanno che troveranno in
me una mente esplicita e un cuore risoluto, una che vede i loro errori e non ha
paura di informarli a gran voce. Un’amica come me è molto scomoda e la gente è
felice se le viene fornita l’occasione di appiattirla nella polvere senza aver
l’aria di avervi avuto parte”.
Dopo
il disastro del ‘48 Cristina fugge, si imbarca a Civitavecchia, raggiunge dapprima
Malta e poi Istanbul. Nell’impero ottomano crea un’azienda agricola in una
località sperduta, affronta fra mille privazioni un viaggio a Gerusalemme,
sopravvive miracolosamente alle coltellate di un aggressore.
E’
ormai una donna debole e anziana, quando rientra a Milano e vede coronato il
sogno dell’unità d’Italia. Muore nel 1871, in tempo per assistere alla caduta
dell’odiato Napoleone III e al ricongiungimento di Roma alla madrepatria.
Balzac, che la frequentò a lungo a Parigi, curiosamente descrive così Modeste Mignon, la protagonista di un suo racconto: “Straniera, figlia di una nazione schiava, angelo nell’amore, demone nella fantasia, fanciulla nella fede, venerabile nell’esperienza, uomo nella mente, donna nel cuore, gigante nella speranza, madre nel dolore e poeta dei vostri sogni”. Chissà mai a chi si sarà ispirato.
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