martedì 8 settembre 2020

"Elogio del petrolio", di Massimo Nicolazzi (Feltrinelli)

 La mia recensione di Elogio del petrolio, di Massimo Nicolazzi (Feltrinelli, 300 pagine, 19 euro), pubblicata sul quotidiano Il Foglio del 4 agosto scorso. Il testo non appare nell'edizione on line.

Massimo Nicolazzi è un avvocato, con una lunga carriera ai vertici di alcune fra le più importanti compagnie energetiche internazionali. Ma qui è autore di un libro che tratta di tutto, ad esclusione dei noiosi e pedanti aspetti giuridici e normativi.

“Elogio del petrolio” è un bel saggio di antropologia, storia economica, demografia, scienza e altro ancora, scritto in prosa brillante, divertente e ironica. Un testo divulgativo, che ci narra dell’energia “dal mammut all’auto elettrica” e ci informa di molte tecnicità, aiutandoci a riflettere su una questione cruciale della nostra epoca.

Il libro è diviso in tre parti. La prima è un interessante excursus del cammino umano, dal paleolitico alla rivoluzione industriale. La seconda è dedicata a Sua Maestà il petrolio (e al suo fratello minore, il gas). L’autore stronca senza mezzi termini le teorie del cosiddetto “picco del petrolio”, una tipica costruzione mentale priva di riscontri empirici; e liquida altrettanto nettamente l’ipotesi del “ricatto energetico”, rimasta impressa nell’immaginario collettivo dopo il traumatico embargo del 1973. I decenni successivi parlano semmai di embarghi a rovescio, imposti dai paesi consumatori ad alcuni produttori, senza significative conseguenze sul prezzo, come dimostrano gli esempi odierni di Libia, Venezuela e Iran.

Infine Nicolazzi affronta gli argomenti di bruciante attualità: il riscaldamento globale, le fonti rinnovabili, l’abbandono dei combustibili fossili. Anche se questi ultimi dovessero rivelarsi sufficienti per i prossimi 200 anni, l’innalzamento di livello dei mari, l’aumento della temperatura, l’inquinamento atmosferico ci impongono di intraprendere una “transizione energetica”. L’autore sembra propendere per la tesi della responsabilità umana, come causa dei cambiamenti del clima.

“Il nostro risk management assomiglia a un modello semplificato di scommessa di Pascal. Se Dio non esiste, a comportarci come se esistesse abbiamo poco da perdere; ma se esiste e ci comportiamo come se non esistesse, perdiamo tutto”. Lo stesso ragionamento dovremmo applicare ai fenomeni che stiamo studiando, anche se “non hanno nulla di soprannaturale”.

Le strade attualmente percorribili sono note, ma impervie e incerte: la riforestazione di vaste aree, il minor ricorso agli allevamenti bovini, l’insistenza sulle fonti rinnovabili quali eolico, solare, biogas.

“Cambieremo primo o poi il modo di addomesticare energia”, e dovremo “provare a praticare un poco di noiosissimo riformismo atmosferico”. Con un’avvertenza, però: tassare i fossili per finanziare le rinnovabili può portare a un iniquo aumento delle tariffe, che penalizzerebbe i ceti meno abbienti e potrebbe portare a una crisi di consenso.


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