Ugo
Volli ha pubblicato su facebook l’elenco dei precedenti penali di George Floyd
(vari reati minori, ma anche una condanna a cinque anni) invitando tutti a
leggere bene e sottolineando il fatto che si trattasse di un delinquente
abituale. Io gli ho risposto dicendogli di vergognarsi, poiché questi
precedenti non hanno alcuna rilevanza nella circostanza in cui è stato
assassinato (“strangolato”, per la precisione) da un agente di polizia, dopo
essere stato ammanettato e steso ventre a terra. Ho definito il suo post
“orribile, squallido e malvagio”.
Volli
ha replicato così: “In tutti i casi di cronaca i precedenti (politici ma anche
criminali) delle persone sono rilevanti. Perché non volete sapere chi era
questo signore? Si tratta anche di giudicare se l’atteggiamento della polizia
era o meno razzista, se potevano o meno temere da parte sua atti di violenza. E
i precedenti naturalmente contano in questa valutazione. Semmai sarebbe
interessante ripensare anche ai precedenti del poliziotto imputato, che non è
certo un santo, proprio perché nel suo passato vi sono numerosi casi di
comportamento violento. Bisognerebbe allora discutere un po’ di chi fa il
poliziotto e del suo ruolo sociale. Ti ricordi della poesia di Pasolini su
Valle Giulia?
Quando ieri a Valle
Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, / io simpatizzavo coi poliziotti! /
Perché i poliziotti sono figli di poveri. / Vengono da periferie, contadine o
urbane che siano.
“E’
sbagliato parlare di “strangolamento” – aggiunge Volli – che per la Treccani è
“costrizione, per lo più mortale, esercitata su tutta la circonferenza del
collo mediante laccio o cingolo fino a produrre asfissia”. Qui i poliziotti
hanno usato (male, malissimo) delle tecniche di immobilizzazione che sono usate
più o meno dappertutto. Non l’hanno picchiato o strangolato, l’hanno compresso
per terra col peso sul torace”.
Fin
qui le parole di Ugo Volli (ho omesso solo alcune considerazioni di carattere
personale).
Per
stabilire la verità, basterebbe l’ultima frase: tutto il mondo ha potuto vedere
le immagini abominevoli di quegli otto minuti e mezzo, dunque tutti sono in grado di giudicare se il ginocchio dell’assassino fosse sul “torace”, come
scrive Volli, o sulla gola della vittima.
Ma
andiamo con ordine.
Come
ho già avuto modo di scrivere, nella circostanza specifica dell’assassinio di
George Floyd, i precedenti penali della vittima “non rilevano”. Ripeto:
assolutamente NON RILEVANO. Se la morte fosse avvenuta durante una sparatoria,
una colluttazione, un inseguimento, forse quei precedenti sarebbe serviti a
ricostruire il quadro d’insieme; ma poiché quel disgraziato era già stato
fermato, ammanettato dietro la schiena e bloccato con il ventre a terra, cioè
in condizione di non nuocere, l’averlo soffocato con un ginocchio sulla gola
non ha giustificazione alcuna. Che Floyd fosse uno specchiato cittadino
incensurato, un criminale pluriomicida, o quel piccolo delinquente che
effettivamente era, a quel punto, non ha la benché minima importanza, per
definire le evidentissime responsabilità della sua morte.
(Giuridicamente,
in Italia si definisce “omicidio volontario con dolo eventuale”, negli Usa
l’imputato è accusato di “omicidio di terzo grado”: vedremo meglio al
processo).
Viceversa,
come Volli stesso è costretto ad ammettere, rilevano assai i precedenti del poliziotto
assassino: una lunga serie di denunce per violenze, abuso di potere, ricorso
all’uso delle armi eccetera, tutte regolarmente insabbiate o finite in nulla.
Ciò porterebbe chiunque dotato di un minimo di coscienza a interrogarsi sul
“sistema” e sui metodi della polizia americana: chiunque, ma non Ugo Volli, che
si concentra pietosamente sul “ruolo sociale” dell’assassino (il ruolo sociale
della vittima, evidentemente, non lo commuove e non gli interessa).
Qui
siamo al completo rovesciamento di ogni logica e di ogni verità.
Ugo
Volli non pubblica su facebook l’elenco dei precedenti dell’assassino (che “non
è un santo”, si limita a constatare, bontà sua) per il quale anzi è disposto a
trovare vaghe giustificazioni “sociali”, ma diffonde e reclamizza con grande
enfasi i precedenti penali della vittima.
Come
si può definire, se non malvagio, questo atteggiamento?
Il
tentativo di derubricare una morte assurda a semplice incidente tecnico (“hanno
usato male, malissimo, delle tecniche di immobilizzazione”) non è orribile,
disgustoso, aberrante? E le ultime parole di Floyd, quella lunga sequenza di
invocazioni, tutti quei “please… please…
please…” che il mondo intero ha sentito, perché Ugo Volli non li pubblica
sulla sua pagina di facebook? E ha anche il coraggio di chiedere a me: “Perché
non volete sapere chi era questo signore”…? Che schifo.
Poi
si arriva al grottesco. Volli cita - completamente a sproposito - Pasolini e la
sua bella poesia sugli scontri di Valle Giulia: ma quelli erano “scontri”,
appunto! Anch’io sto dalla parte della polizia, quando ci sono sassate,
devastazioni, violenze da parte dei manifestanti. A quelli, Pasolini diceva: “Avete facce di figli di papà”. Un
esempio che c’entra un cavolo a merenda, rispetto alla vita e alla morte di
George Floyd.
Squallido,
infine – come altrimenti definirlo? – il tentativo di discettare, Treccani alla
mano, con l’esattezza del termine “strangolamento”. Non è forse morto
strangolato, George Floyd? La sua gola non è stata compressa per otto minuti e
mezzo, fino alla morte per soffocamento? Se uso le mani ti strangolo, se uso un
“laccio, o cingolo” ti strangolo, e se uso un ginocchio, no…?
Vergognati,
Ugo Volli. Vergognati. Cosa ti dice la tua coscienza, uomo?
bella la sua risposta a Volli, sottolineare i precedenti penali dell'assassinato per giustificare il comportamento del poliziotto. Silvio Brienza
RispondiEliminaHai perfettamente ragione
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