Ingegneri di anime
è un reportage storico-letterario, un viaggio dell’autore attraverso le
repubbliche ex sovietiche, che indaga il nesso fra la letteratura comunista e
l’edificazione delle grandi opere idrauliche concepite dalla menti distorte di
una dittatura aberrante. L’olandese Frank Westerman denuncia con prosa curiosa
e amara gli orrori dello stalinismo, e ricostruisce l’ossequioso asservimento
degli scrittori ai deliranti progetti del potere assoluto. (...)
Quest’opera ha un esilarante prologo la sera del 26 aprile 1932,
quando proprio in casa di Gor’kij si riuniscono una quarantina di scrittori,
alla presenza di Stalin. “Voi siete ingegneri di anime – dice il dittatore –
Avete il compito di forgiare l’uomo nuovo sovietico”. (...)
E’
una vera e propria galleria degli orrori staliniani, questa di Westermann. Si
parla di autori minori, come Konstantin Paustovskij, che però riuscirà a
cavarsela, diversamente da Andrej Platonov, Boris Pil’njak, Isaak Babel’ e
tanti altri, che faranno davvero una brutta fine. (...)
“Vedo
troppo pochi visi sorridenti - commenta Gor’kij nel 1933 a una mostra di
pittura – Troppo poca gioia spontanea”. L’allegria, da quel momento, diventerà
obbligatoria. Il 27 marzo 1953, tre settimane dopo la morte di Stalin, più di
un milione di prigionieri saranno liberati.
A questo link, la recensione completa di "Ingegneri di anime", di Frank Westerman (Iperborea) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 3 giugno.
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