In una
Francia surreale, ottenebrata dalla sconfitta e dall’occupazione tedesca, un
vecchio ex-postino di campagna, pacifista e un po’ svitato, non sa far altro
che costruire magnifici aquiloni, fino a diventare un’attrazione locale e poi
una celebrità nazionale. (...)
E’ ricco di metafore “Gli aquiloni” di Romain Gary, ambientato in
Normandia e pubblicato nel 1980 – nell’anno del suicidio dell’autore. Ebreo
lituano, profugo, eroe di guerra, scrittore di successo, diplomatico, regista, beffardo
fustigatore dei salotti letterari, Gary è uno dei più originali e interessanti romanzieri
francesi del Novecento. Con grande charme, impareggiabile ironia e malinconico
disincanto, egli racconta le debolezze umane e l’ansia di libertà di un’intera generazione
di francesi, che ha conosciuto l’umiliazione della sconfitta, ha conservato
“una certa idea della Francia” e ha trovato nella Resistenza la ragione anche
psicologica del suo riscatto esistenziale e morale. (...)
Secondo Sartre, il primo romanzo da Gary, “Educazione europea”, pubblicato
nel 1945, è il migliore che sia mai stato scritto sulla Resistenza francese;
secondo Eskol Nevo, invece, il più bel romanzo di Gary è questo ultimo, “Gli
aquiloni”. Chissà, forse l’interessato risponderebbe con le parole di Ludo:
“Cercavo qualcosa da dire, perché bisogna sempre ricorrere alle parole per
impedire al silenzio di parlare troppo forte”.
A questo link, la mia recensione completa di "Gli aquiloni", pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 28 marzo.
https://www.ilfoglio.it/libri/2018/03/28/news/libri-gli-aquiloni-roman-gary-186749/