(7) Questa estate in vacanza ho letto “Per i sentieri dove cresce l’erba”,
di Knut Hamsun (Fazi Editore). Per molti versi, è un libro deludente. Devo
confessare, vergognosamente, che non avevo mai letto nulla di Hamsun, premio
Nobel per la letteratura nel 1920. Volendo colmare questa lacuna, sono partito
dal libro sbagliato: le memorie che scrisse, ormai prossimo ai 90 anni, nel
1948. Un resoconto molto circostanziato sull’internamento e processo cui fu
sottoposto in Norvegia dopo la guerra, per avere simpatizzato con i nazisti
durante l’occupazione del suo paese.
Per quanto possa sembrare ingiusto rinchiudere in un ospedale
psichiatrico un uomo molto anziano e illustre letterato, che non aveva commesso
reati specifici, bisogna pur dire che la sua linea di difesa fu squallida
e ridicola. All’accusa di antisemitismo, rispose di avere sempre avuto “tanti
amici ebrei”: proprio così. E naturalmente di non aver mai saputo nulla dei
campi di sterminio. Quest’ultimo particolare sarà anche vero, ma il furore
antiebraico dei nazisti era arcinoto a tutti e un intellettuale di quel livello
non può accampare scuse. Sostenne anche di avere scritto durante il regime
di occupazione militare, mentre Hitler annunciava “un ruolo importante per la
Norvegia” nella nuova Europa germanica. Sarebbe forse questa una circostanza
attenuante? Hamsun avrebbe potuto e dovuto tacere, chiudendosi in un duro
silenzio, invece di indirizzare al Fuhrer lettere
ignobili. Il suo collaborazionismo fu colpevole ed egli ben meritò la forte e pubblica sanzione morale.
La vicenda giudiziaria, comunque interessante sotto il profilo
storico, è condita nel libro da una serie di considerazioni miti, ricordi e
racconti che stemperano la drammaticità della situazione con grande sapienza
letteraria. Hamsun rimane comunque un grandissimo scrittore, le sue idee
politiche e i suoi errori nulla tolgono alla forza narrativa dei suoi romanzi.
Ne leggerò altri. Se avete suggerimenti, sono bene accetti. (continua)
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