lunedì 21 agosto 2017

"Il libro delle parabole", di Per Olov Enquist

(3) Questa estate in vacanza ho letto “Il libro delle parabole”, di Per Olov Enquist (Iperborea). O meglio: ho tentato di leggerlo per due o tre giorni, ma poi, dopo circa 80 pagine, ho deciso che proprio non ne valeva la pena e l’ho piantato in asso. Una delusione cocente. Sono stato tratto in inganno, colpevolmente, da Franco Cordelli, il critico letterario del Corriere della Sera, che sul supplemento domenicale “La lettura” lo aveva collocato fra migliori romanzi degli ultimi vent’anni (insieme a un’altra quindicina). Un giudizio largamente esagerato, per un libro che io invece ho trovato mediocre e insignificante. Suddiviso in nove brevi capitoli - chiamati “parabole” chissà perché - che dovrebbero dare vita a un “romanzo d’amore”, come da sottotitolo, e invece costituiscono una trama farraginosa e incomprensibile, che risulta mortalmente noiosa. Pieno zeppo di punti di domanda e punti esclamativi, punti esclamativi e punti di domanda: ma che modo di scrivere è mai questo? E dire che, di Enquist, avevo molto amato “Il medico di corte”, il suo libro più celebre, un bel romanzo storico ambientato alla corte di Danimarca alla fine del Settecento. Farò un nuovo tentativo con “Un’altra vita”, la sua autobiografia, e spero proprio di tornare al giudizio iniziale. (continua)

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