Suggerisco a tutti la lettura del bel pamphlet che Marilisa D’Amico,
docente di Diritto costituzionale alla Statale di Milano, ha scritto con Giuseppe
Arconzo e Stefania Leone: “COME cambia la COSTITUZIONE? – Guida alla lettura
della riforma costituzionale” (Giappichelli).
Il libretto (140 pagine) contiene in apertura un concetto
fondamentale, per valutare come orientarsi al referendum del 4 dicembre. I
giuristi lo chiamano “l’imperfezione dell’atto normativo”. La definizione è
altisonante ma il principio è semplicissimo: tutte le norme giuridiche, per
loro stessa natura, sono imperfette e dunque migliorabili. Di conseguenza,
tutti i sistemi costituzionali, nessuno escluso, sono esposti a problemi interpretativi
e a possibili conflitti. Lo stesso vale, ovviamente, per le proposte di
riforma.
I sistemi giuridici “perfetti” esistono solo in astratto. La
concezione stessa del diritto come “idea pura”, è pericolosa, tipica degli
Stati etici e dei sistemi totalitari. Bisogna sempre tenerlo presente, anche
quando si parla della Costituzione “più bella del mondo”.
A questo proposito, Marilisa D’Amico scrive parole illuminanti. E’
bene ricordare che nel dicembre del ’47, dopo lunghe discussioni e grandi
compromessi, si decise infine di approvare il testo così come era stato
licenziato dalla Commissione (salvo modifiche di bella forma) lasciando aperte
un sacco di questioni, anche di fondamentale importanza, che infatti si
sarebbero risolte solo anni o decenni più tardi. (Per la verità, alcune sono
aperte ancora oggi, ma lasciamo perdere).
Se i Padri Costituenti, nel ’47, avessero deciso di respingere quel
testo, con la motivazione che esso lasciava molte questioni aperte e che avrebbe
creato numerosi problemi, la Costituzione “più bella del mondo” non avrebbe mai
visto la luce. Nessuna Costituzione infatti può essere approvata con la
certezza assoluta che essa funzionerà alla perfezione. Né esiste una
Costituzione che possa piacere a tutti.
Viceversa, in questi giorni, ascoltiamo spesso ripetere questa
litania: che nella riforma Renzi-Boschi non sono ben definite le prerogative del
nuovo Senato, rispetto agli altri poteri dello Stato. Si tratta di una
motivazione evidentemente strumentale, avanzata con grande superficialità, o spesso
in malafede, da personaggi interessati a nascondere dietro ragioni tecniche e giuridiche,
la propria ostilità - tutta politica - nei confronti del governo.
Sia ben chiaro: essere pregiudizialmente ostili al governo è
legittimo, ci mancherebbe. Altrettanto legittimo è criticare una riforma poco
convincente. Assai meno legittimo è invece sollevare grandi cortine fumogene, e
trincerarsi dietro a grandi luminari e cattedratici ottuagenari, per nobilitare
calcoli di partito e ambizioni personali inconfessabili.
Nessun commento:
Posta un commento