giovedì 1 aprile 2021

"Omaggio alla Catalogna", di George Orwell (Guanda)

Qui di seguito, la mia recensione di "Omaggio alla Catalogna", di George Orwell, riedito quest'anno da Guanda. L'articolo è pubblicato sul quotidiano Il Foglio di oggi. 

Com’era ingenuo George Orwell, nel 1936…! Era un socialista rivoluzionario, un idealista, e partì volontario nella guerra civile spagnola, arruolandosi nelle Brigate internazionali. Voglio uccidere almeno un fascista, scrive: se tutti i socialisti faranno altrettanto, il fascismo sarà debellato.

Aveva appena pubblicato “Fiorirà l’aspidistra”, tipico romanzo esistenzialista, ed era deciso a liberarsi dal senso di colpa, per avere servito per cinque anni nella polizia di Sua Maestà in Birmania. Dopo aver toccato con mano gli orrori del colonialismo britannico, ed esserne stato complice, voleva riscattarsi e mettersi a posto con la coscienza.

Lo scrittore sbarca in una Barcellona in mano ai rivoluzionari e agli anarchici. Nessuno è vestito da “borghese”, non si vedono giacche e cravatte né signore eleganti, ma solo tute da operai. Gruppi di armati si aggirano per le strade, vestiti da straccioni. Molti di loro sono giovanissimi. Tutti danno del tu a tutti, compresi i camerieri e i commessi dei pochi negozi aperti. Al posto di señor, si dice compagno. Comincia a scarseggiare il pane. “Respiravo l’aria dell’uguaglianza, ed ero abbastanza ingenuo da immaginare che fosse così in tutta la Spagna”.

Orwell si arruola con i primi che incontra: sono quelli del Poum (“Se non vi interessano le controversie politiche e la miriade di partiti e partitini con i nomi che si confondono fra loro, come quelli dei generali in una guerra cinese, saltate pure questa appendice”). Di lì a poco, verranno accusati di “trotzkismo” e faranno tutti una brutta fine. Dopo un addestramento da burletta, parte per il fronte in Aragona. E’ uno dei pochi a conoscere l’uso delle armi.

Omaggio alla Catalogna è la cronaca, puntuale e disperata, di quei tragici sei mesi, e narra di un duplice conflitto: quello contro i franchisti nelle trincee, e quello fra rivoluzionari e comunisti nelle retrovie. La guerra di trincea si presenta con il consueto repertorio di fango, freddo, fame e tanti, tanti pidocchi. Si dorme in una buca gelida e nera, mancano persino le candele. Il colpo di un cecchino ferisce Orwell alla gola, ma sopravvive e le corde vocali sono illese.

Dopo l’ospedale, torna a Barcellona per la convalescenza e subito si accorge che il clima è cambiato. Prende parte ai drammatici avvenimenti di maggio e assiste sgomento all’epurazione del Poum: scontri armati, arresti arbitrari, sparizioni, fucilazioni. In seguito, il ministro della difesa dichiarerà che la polizia “era diventata quasi indipendente, ma in effetti sotto il controllo di elementi comunisti stranieri”.

Orwell riesce a riparare in Francia. Sognava una società “senza classi”, prefigurata dall’egualitarismo spontaneo delle milizie rivoluzionarie, e la presa del potere della classe operaia. Ma ammette anche, candidamente, la propria ignoranza politica. Dieci anni dopo, in “1984”, descriverà il mondo da incubo dell’oppressione totalitaria.

1 commento:

  1. davvero un bel libro! tra l'altro si capisce come si comportavano i comunisti all'epoca... cioè male. io ho letto i saggi di Orwell: "The Penguin Essays of George Orwell"; tra cui spicca, secondo me, "Shooting an elephant".

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