Tutto
comincia con una telefonata. L’ambasciatore olandese nei paesi baltici, De
Decker, chiede al direttore della filiale Phillips di Kaunas, il suo connazionale
Jan Zwartendijk, di assumere la carica di console ad interim in Lituania. Jan è
un uomo coscienzioso, retto, buon padre di famiglia, e si sente in dovere di
accettare. Queste stesse qualità – rettitudine, senso del dovere – lo
porteranno a salvare migliaia e migliaia di vite umane, con grande rischio per
sè stesso, nessun vantaggio personale, nessun riconoscimento a posteriori.
Jan Brokken torna a
girovagare fra le sue predilette “anime baltiche” e scova altri Giusti, persone
capaci di quel sentimento che Gabriele Nissim, con felice definizione, ha chiamato
“la bontà insensata”. (...)Siamo nel 1940. Gli ebrei polacchi e lituani sono braccati ovunque, imprigionati, deportati, uccisi. Vengono assassinati dai nazisti tedeschi, dai bolscevichi russi, dai nazionalisti lituani. Non sanno come mettersi in salvo. (...)
Qui entra in campo un altro Giusto, oggi ben più famoso dell’olandese: il console giapponese Chiune Sugihara, che – contravvenendo alle disposizioni ricevute – fornisce di un visto di transito in Giappone tutti gli ebrei inviatigli dal collega. (...)
Lunghe
code si formano nei due edifici, fino alla strada: gente angosciata, esseri
umani scaraventati in ogni parte del globo dalla violenza della Storia. Molti
moriranno senza scampo, alcune migliaia riusciranno a salvarsi.
A questo link, le recensione completa di "I Giusti", di Jan Brokken (Iperborea) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 19 febbraio.
Nessun commento:
Posta un commento