K.,
il protagonista appena ventenne, racconta nella sua visione allucinata il
suicidio dei genitori e la malattia senza scampo del fratello Walter, di un
anno minore. Walter soffre di epilessia, ereditata dalla madre, entrambi sono
oppressi dai debiti e dal fallimento del padre. Incatenati l’uno all’altro,
Walter trascinerà K. nel gorgo della sua impossibilità di vivere. Ma la trama,
gli eventi, sono del tutto secondari in Amras (1964) secondo romanzo di Thomas
Bernhard dopo l’esordio con Gelo.
Vede
giusto Vincenzo Quagliotti nella prefazione, quando descrive in termini di “aporìa”
la situazione esistenziale dei personaggi di Bernhard: nei suoi romanzi i
protagonisti sono caratterizzati, sempre e da subito, da una condizione senza
vie d’uscita, segnati da un destino che non lascia scampo. La loro malattia è
“immedicabile”. Al lettore, per rendersene conto, bastano poche parole iniziali:
“Dopo
il suicidio dei nostri genitori siamo stati rinchiusi per due mesi e mezzo
nella torre, emblema della nostra Amras (...) La torre, proteggendoci dagli
attacchi degli uomini, nascondendoci e salvandoci dagli sguardi del mondo che
agisce e giudica solo con malvagità, è stata per noi un rifugio”. (...)
A questo link, la recensione completa di "Amras", di Thomas Bernhard (Einaudi) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 11 dicembre.
https://www.ilfoglio.it/una-fogliata-di-libri/2019/12/11/news/amras-291649/
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