(5) Questa estate in vacanza ho letto “Il conte Petoefi”, di Theodor
Fontane (1819 – 1889) forse il maggior scrittore tedesco della seconda metà
dell’800. Il celeberrimo “Effi Briest” è unanimemente considerato il suo
capolavoro: Effi è una specie di “cugina” prussiana di Madame Bovary e Anna
Karenina. Dello stesso autore ho letto tempo addietro anche “Cécile”, incentrato
- come l’altro - sui temi ricorrenti in Fontane: la psicologia femminile, il
tradimento, il duello. Fontane appartiene alla ristretta cerchia degli “uomini
che hanno capito le donne”, e non l’ho detto io.
Il conte Petoefy è un vecchio aristocratico, ama l’arte, la musica, la
cultura, la conversazione raffinata. Si invaghisce di una giovane attrice di
teatro, brillante e affascinante, e la chiede in sposa: le offre la nobiltà e la
ricchezza, in cambio non chiede altro che di godere serenamente della sua
compagnia. La rispetterà sempre e lei dovrà sentirsi completamente libera, vincolata
solo alla tutela del decoro. La conduce nel suo magnifico castello sulla riva
di un grande lago, ma è fin troppo chiaro che la disparità fra i due è incolmabile
e la storia finirà inevitabilmente in tragedia. E’ un romanzo molto
ottocentesco, lento e spesso. Molte situazioni si intuiscono senza essere esplicitate.
Le parti scabrose non sono mai descritte, ma lasciate immaginare al lettore.
Per la cronaca: Effi Briest è stato anche un delicato film di Rainer
Fassbinder (1972) con protagonista una giovane Hanna Schygulla. Un film “fotografico”,
in bianco e nero, tutto primi piani e dissolvenze. Ottocentesco, appunto. (continua)
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