mercoledì 14 dicembre 2016

Caro Matteo, così non va

Il governo Gentiloni nasce all’insegna della mediocrità e della manovra politica di corto respiro. Il suo limite maggiore non è tanto nella “continuità” della formula e della maggioranza, bensì nel piccolo cabotaggio di molti personaggi, maggiori o minori, preoccupati della propria “pole-position” in vista della gara elettorale ormai data per imminente, e di nient’altro.
Intanto, il nuovo capo del governo è un uomo politico di terz’ordine: non è certo un leader, ma non è neppure un esponente di buon livello, apprezzato e stimato. Gentiloni è il tipico prodotto del sottobosco politico romano, l’addetto stampa che alle conferenze distribuiva ai giornalisti il comunicato con la dichiarazione virgolettata dell’”onorevole” (nel caso di specie, Francesco Rutelli). Stando nell’ombra del sindaco di Roma, poi fondatore della Margherita, Gentiloni è diventato deputato, poi ministro del governo Prodi, ma sempre lontano dai riflettori. Mai un guizzo di fantasia, un’iniziativa politica degna di nota, un solo episodio nel quale abbia dimostrato inventiva, personalità, carattere. Sempre super-paludato, super-prudente, super-attento a non dire e a non fare alcunché di significativo. Le solite manovrine dietro le quinte, i soliti giochini di partito, il solito piazzarsi con il potente di turno nel gioco delle correnti.
Che un personaggio così incolore potesse diventare ministro degli esteri, già aveva destato stupore, ma in fondo ci poteva stare. Il campo diplomatico non è forse quello della discrezione per eccellenza? (Ma Emma Bonino ha dimostrato che può anche non essere così).
Oggi, che Gentiloni sia arrivato addirittura alla guida del governo, suscita un senso di delusione, specie in chi aveva apprezzato il Matteo Renzi delle origini, quello che - vincendo sempre da solo contro tutti - era diventato via via presidente della Provincia, poi sindaco di Firenze, poi il “rottamatore” della Leopolda, poi segretario del Pd e infine capo del governo, nell’arco di pochi anni. E dopo tutto questo, dopo più mille giorni di governo, chi arriva? Paolo Gentiloni.
No, caro Matteo, così non va. Non era questo ciò che i tuoi sostenitori si aspettavano da te, anche nel momento della sconfitta. Cosa dire poi, caro Matteo, dei Lotti e delle Boschi, che come te avrebbero dovuto chiamarsi fuori, per cercare di rivincere al tuo fianco le primarie del PD, invece di trovare un piazzamento “visibile” nel nuovo dicastero…? Cosa dire di Alfano, che si sposta agli esteri per fare posto all’abile e scaltro Marco Minniti, già braccio destro di D’Alema e grande esperto di servizi segreti…? Non sarebbe stato meglio valorizzare uomini come Padoan, Calenda, Del Rio, oppure tentare di coinvolgere personalità di spicco, come Pierferdinando Casini o Emma Bonino…?
Poiché tutti i partiti di opposizione si sono chiamati fuori da qualsiasi ipotesi di accordo, è evidentemente strumentale la loro accusa di “continuità” con il governo precedente: è solo propaganda, demagogia, l’inizio della campagna elettorale.
La continuità non può essere rimproverata a Renzi. La mediocrità delle scelte adottate, invece, quella sì.


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