Il governo
Gentiloni nasce all’insegna della mediocrità e della manovra politica di corto
respiro. Il suo limite maggiore non è tanto nella “continuità” della formula e
della maggioranza, bensì nel piccolo cabotaggio di molti personaggi, maggiori o
minori, preoccupati della propria “pole-position” in vista della gara
elettorale ormai data per imminente, e di nient’altro.
Intanto, il nuovo
capo del governo è un uomo politico di terz’ordine: non è certo un leader, ma non
è neppure un esponente di buon livello, apprezzato e stimato. Gentiloni è il tipico
prodotto del sottobosco politico romano, l’addetto stampa che alle conferenze distribuiva
ai giornalisti il comunicato con la dichiarazione virgolettata dell’”onorevole”
(nel caso di specie, Francesco Rutelli). Stando nell’ombra del sindaco di Roma,
poi fondatore della Margherita, Gentiloni è diventato deputato, poi ministro
del governo Prodi, ma sempre lontano dai riflettori. Mai un guizzo di fantasia,
un’iniziativa politica degna di nota, un solo episodio nel quale abbia
dimostrato inventiva, personalità, carattere. Sempre super-paludato,
super-prudente, super-attento a non dire e a non fare alcunché di significativo.
Le solite manovrine dietro le quinte, i soliti giochini di partito, il solito
piazzarsi con il potente di turno nel gioco delle correnti.
Che un
personaggio così incolore potesse diventare ministro degli esteri, già aveva
destato stupore, ma in fondo ci poteva stare. Il campo diplomatico non è forse quello
della discrezione per eccellenza? (Ma Emma Bonino ha dimostrato che può anche
non essere così).
Oggi, che
Gentiloni sia arrivato addirittura alla guida del governo, suscita un senso di delusione,
specie in chi aveva apprezzato il Matteo Renzi delle origini, quello che - vincendo
sempre da solo contro tutti - era diventato via via presidente della Provincia,
poi sindaco di Firenze, poi il “rottamatore” della Leopolda, poi segretario del
Pd e infine capo del governo, nell’arco di pochi anni. E dopo tutto questo, dopo
più mille giorni di governo, chi arriva? Paolo Gentiloni.
No, caro
Matteo, così non va. Non era questo ciò che i tuoi sostenitori si aspettavano
da te, anche nel momento della sconfitta. Cosa dire poi, caro Matteo, dei Lotti
e delle Boschi, che come te avrebbero dovuto chiamarsi fuori, per cercare di
rivincere al tuo fianco le primarie del PD, invece di trovare un piazzamento “visibile”
nel nuovo dicastero…? Cosa dire di Alfano, che si sposta agli esteri per fare
posto all’abile e scaltro Marco Minniti, già braccio destro di D’Alema e grande
esperto di servizi segreti…? Non sarebbe stato meglio valorizzare uomini come
Padoan, Calenda, Del Rio, oppure tentare di coinvolgere personalità di spicco, come
Pierferdinando Casini o Emma Bonino…?
Poiché tutti
i partiti di opposizione si sono chiamati fuori da qualsiasi ipotesi di accordo,
è evidentemente strumentale la loro accusa di “continuità” con il governo
precedente: è solo propaganda, demagogia, l’inizio della campagna elettorale.
La
continuità non può essere rimproverata a Renzi. La mediocrità delle scelte
adottate, invece, quella sì.
Nessun commento:
Posta un commento