Qui di seguito, la mia recensione di La terza Pallottola, di Leo Perutz (Adelphi) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 16 ottobre.
“Di tanto in tanto riaffiora nella mia anima un giorno dimenticato, perso. Allora mi rivedo compiere atti folli o efferati, senza senso e scopo, tanto che suscitano in me meraviglia, scherno o persino collera. Gesù, come è potuto accadere che un tempo, in una terra lontana, io uccidessi un nobile sovrano?”
La
terra lontana cui accenna l’io narrante è il Nuovo Mondo, dove prosperano in
pace civiltà millenarie in procinto di essere sterminate dagli spagnoli di
Cortés. Ma il tedesco e luterano Grumbach detesta i cattolici di Carlo V e
parteggia per Montezuma, rendendo la vita difficile ai conquistadores
impegnati nell’assedio di Tenochtitlàn.
Uscito
nel 1915, mentre è già in corso la grande tragedia che porterà alla scomparsa
della Mitteleuropa, La terza pallottola è il romanzo d’esordio di Leo
Perutz, praghese di famiglia ebraica secolarizzata, che suscita subito
l’attenzione del pubblico e della critica. Scritto in una prosa ricca, potente
e immaginifica, il libro ottiene un notevole successo.
Nel
prologo, il protagonista non ricorda. E’ febbricitante, confuso, in uno stato
di semi-incoscienza. Solo all’epilogo le frasi smozzicate e vaghe delle prime
pagine saranno infine chiare al lettore. L’impianto narrativo è quello tipico del
romanzo storico, ambientato nel XVI secolo, accompagnato però da elementi
propri della letteratura fantastica. Ne risulta una trama sospesa in un’atmosfera
onirica, con continui scarti narrativi, in cui fattori realistici e magici si
alternano in forma imprevista.
“Va’
per la tua strada dunque! – urlò a Grumbach – E la maledizione di Dio ti segua,
discenda su di te, portandoti miseria e tormento! E la prima pallottola
colpisca il tuo re pagano, la seconda la tua puttanella infernale, e la terza… -
In quel momento il boia gli passò il cappio intorno al collo e lo spinse giù
dalla scala. Garcia Novarro però non voleva morire prima di aver completato la
sua atroce maledizione (…) Allora, tra sibili e rantoli soffocati, dalla gola
dell’impiccato uscirono queste parole: E la… terza… è… per te!”.
Non stupisce che Borges nutrisse grande ammirazione per Perutz e per la sua tecnica narrativa, che verosimilmente ha ispirato almeno alcuni dei racconti del grande scrittore argentino. Negli ultimi anni Perutz tenta un difficile ritorno da Israele alla sua amata Vienna, ma incontra molte difficoltà. Come Kafka, come Svevo, anch’egli ha condotto una vita professionale modesta, impiegatizia. Dopo la morte, nel 1957, lo scrittore precipita nell’oblio, come il protagonista del suo romanzo d’esordio. Solo di recente si giunge alla riscoperta di un autore ingiustamente considerato “minore”, in realtà fra i più interessanti e significativi della Mitteleuropa.