giovedì 27 aprile 2017

Il PD è "contendibile". Chi può dire altrettanto?

In tutte le democrazie del mondo, all'interno delle forze politiche, si svolge una dura competizione per la conquista della leadership. Questo scontro, per quanto “attenuato” dal punto di vista comunicativo, in realtà è caratterizzato da una certa asprezza e spesso anche da qualche colpo basso. Dopo avere conquistato la leadership all'interno del proprio partito (primarie per l’elezione del segretario) o della propria coalizione (primarie di coalizione) lo scontro politico nazionale si sposta nella battaglia campale contro il leader dello schieramento avversario, nelle elezioni - parlamentari o presidenziali, a seconda casi - per la conquista del governo e del potere.
Ripeto: in tutte le democrazie del mondo, più o meno, accade così. Quindi la lotta per la leadership interna alle forze politiche è fisiologica, e non patologica, in una società aperta.
In Italia, questa competizione si è tenuta varie volte negli anni scorsi, quasi esclusivamente nell'ambito della sinistra (da Prodi a Veltroni, a Bersani, a Renzi) ed è quanto sta accadendo ancora in questi giorni con le primarie del PD, in una prima fase riservate agli iscritti – hanno votato in 260.000 – e ora “aperte” a simpatizzanti ed elettori con il voto di domenica 30 aprile.
Quale che sia il giudizio che ognuno di noi può esprimere su Renzi, Orlando o Emiliano, è incontestabile che le elezioni primarie all'interno del PD sono un fatto democratico. Si tratta di un giudizio “tecnico”, oggettivo, politologico e non fazioso. In alternativa, ovviamente, le forze politiche sono libere di scegliere il loro leader attraverso un congresso. Le primarie sono un’opzione, ma non possono essere considerate un obbligo di legge (almeno fino a oggi).
Dove è assente questo scontro? In Forza Italia e nel Movimento 5 Stelle.
Dunque, dal punto di vista della “contendibilità”, il PD è un partito democratico, cioè regolato da procedure trasparenti e certe, mentre i movimenti politici fondati da Silvio Berlusconi e Beppe Grillo non lo sono affatto.
La Lega Nord, per esempio, è molto più democratica di Forza Italia: cinque anni fa ha sfiduciato il leader fondatore, Umberto Bossi, e ha eletto nuovo segretario il più giovane Matteo Salvini. Questa procedura, in Italia, vale per il PD, per la Lega e per pochissimi altri.

Il Movimento 5 Stelle e Forza Italia sono dunque gruppi “chiusi”, rigidamente controllati dal leader fondatore e dallo staff di sua stretta fiducia. Viceversa, i partiti che eleggono il loro leader attraverso la partecipazione attiva di migliaia e migliaia di iscritti ed elettori, contribuiscono a mantenere aperta la società e viva la democrazia. Non è una differenza da poco.

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