In tutte le democrazie del mondo,
all'interno delle forze politiche, si svolge una dura competizione per la
conquista della leadership. Questo scontro, per quanto “attenuato” dal punto di
vista comunicativo, in realtà è caratterizzato da una certa asprezza e spesso
anche da qualche colpo basso. Dopo avere conquistato la leadership all'interno
del proprio partito (primarie per l’elezione
del segretario) o della propria coalizione (primarie di coalizione) lo scontro politico nazionale si sposta
nella battaglia campale contro il leader dello schieramento avversario, nelle
elezioni - parlamentari o presidenziali, a seconda casi - per la conquista del
governo e del potere.
Ripeto: in tutte le democrazie del mondo, più o meno, accade così. Quindi
la lotta per la leadership interna alle forze politiche è fisiologica, e non
patologica, in una società aperta.
In Italia, questa competizione si
è tenuta varie volte negli anni scorsi, quasi esclusivamente nell'ambito della
sinistra (da Prodi a Veltroni, a Bersani, a Renzi) ed è quanto sta accadendo
ancora in questi giorni con le primarie del PD, in una prima fase riservate
agli iscritti – hanno votato in 260.000 – e ora “aperte” a simpatizzanti ed
elettori con il voto di domenica 30 aprile.
Quale che sia il giudizio che
ognuno di noi può esprimere su Renzi, Orlando o Emiliano, è incontestabile che le elezioni primarie all'interno del PD sono un
fatto democratico. Si tratta di un giudizio “tecnico”, oggettivo,
politologico e non fazioso. In alternativa, ovviamente, le forze
politiche sono libere di scegliere il loro leader attraverso un congresso. Le
primarie sono un’opzione, ma non possono essere considerate un obbligo di legge
(almeno fino a oggi).
Dove è assente questo scontro? In Forza Italia e nel Movimento 5 Stelle.
Dunque, dal punto di vista della “contendibilità”,
il PD è un partito democratico, cioè
regolato da procedure trasparenti e certe, mentre i movimenti politici fondati
da Silvio Berlusconi e Beppe Grillo non lo sono affatto.
La Lega Nord, per esempio, è
molto più democratica di Forza Italia: cinque anni fa ha sfiduciato il leader
fondatore, Umberto Bossi, e ha eletto nuovo segretario il più giovane Matteo Salvini.
Questa procedura, in Italia, vale per il PD, per la Lega e per pochissimi
altri.
Il Movimento 5 Stelle e Forza
Italia sono dunque gruppi “chiusi”, rigidamente controllati dal leader fondatore e
dallo staff di sua stretta fiducia. Viceversa, i partiti che eleggono il loro
leader attraverso la partecipazione attiva di migliaia e migliaia di iscritti
ed elettori, contribuiscono a mantenere aperta la società e viva la
democrazia. Non è una differenza da poco.
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