venerdì 31 marzo 2017
Renzi compete al pari degli altri
Renzi si candida e compete al pari degli altri alle elezioni per la segreteria del Partito Democratico. Dunque si tratta di elezioni "aperte" (a tutti quelli che scelgono di partecipare) in un partito "aperto" (cioè contendibile). Non mi sembra un fatto secondario e trascurabile, se davvero vogliamo quella "società aperta" di cui parlava Karl Popper. Chi parla del PD come "PDR", cioè Partito Di Renzi, dice una sciocchezza, in evidente malafede. Il segretario del PD viene eletto attraverso procedure sicuramente democratiche. Sono Forza Italia e il Movimento 5 Stelle, al contrario, i partiti "chiusi", non contendibili, perché "aziendali", cioè di proprietà dei loro capi. Questi capi perciò non sono segretari, né presidenti, né leader, né "garanti" di alcunché, ma semplicemente PADRONI. Non è una differenza da poco, in democrazia. Tutti dovrebbero capirlo. Tutti quelli normalmente intelligenti, intendo dire.
martedì 28 marzo 2017
D’Alema & Bersani, i peggiori
D’Alema e
Bersani saranno ricordati come i peggiori dirigenti politici che la sinistra
italiana abbia espresso negli ultimi decenni. E’ inutile che Speranza li escluda
dalle foto di gruppo, come polvere da nascondere sotto al tappeto: le loro
responsabilità sono sotto gli occhi di tutti e ancora più evidenti saranno nei
prossimi mesi, fino alle elezioni.
Massimo D’Alema
è l’anima nera di questa scissione, ha fatto bene Renzi a ricordarlo. Un lungo
lavorìo sotterraneo, preparato con cura da mesi. Un calcolo cinico e distruttivo,
in malafede. Un impegno doloso, davvero degno di miglior causa, da parte di un uomo
che non ha fatto altro che inanellare sconfitte e fallimenti, nel corso della
sua lunga e controversa carriera politica.
Il nome di D’Alema
è diventato sinonimo di cinismo, sarcasmo, denaro, potere e sottopotere, al
punto da risultare inviso non solo agli avversari, ma anche a gran parte del
popolo democratico e di sinistra, che non ha mai tollerato la sua spocchia da
padreterno.
In nome e
per conto di D’Alema, l’altro, Bersani, aveva ripreso il controllo della
“ditta”, con i risultati che sappiamo: una sconfitta dietro l’altra, fino
all'epilogo del 25% alle elezioni del 2013. Veltroni, sconfitto da Berlusconi
cinque anni prima, aveva ottenuto il 33.
Ora Bersani,
non pago delle umiliazioni patite nella famosa riunione in streaming - in cui
venne liquidato da Roberta Lombardi con il celebre “noi non ci fidiamo” - se ne
esce a dire che lui “lo rifarebbe”. Bravo, complimenti.
Aggiunge che
i 5 Stelle “tengono in stand by il sistema” (è una critica o un complimento?) ma
che “se si indebolissero, arriverebbe una robaccia di destra”. Non si capisce
bene, in base a questo ragionamento, perché mai un elettore dovrebbe votare per
il nuovo partito di Bersani e non direttamente per Grillo. “Non si tratta di un
fenomeno transitorio” avverte, anzi è il “partito di centro dei tempi moderni”.
Si tratta di “moderati arrabbiati”, per la precisione.
No, Bersani.
I grillini sommano gli opposti qualunquismi di destra e di sinistra: è questo che
li rende più pericolosi di tanti analoghi movimenti populisti sparsi per l’Occidente.
Un mix esplosivo di totalitarismo ideologico e incompetenza politica. Pronti ad
allearsi con Salvini, subito dopo le elezioni. Contro questa minaccia, i democratici,
i liberali, i riformatori avrebbero il dovere di unirsi, per difendere l’Italia
e la sua vocazione europea. Non di dividersi, provocare scissioni e blandire i
demagoghi per meschini calcoli di bottega.
Calcoli peraltro
sbagliati. Le due formazioni alla sinistra del PD (Sinistra Italiana e Articolo
Uno) sono condannate alla marginalità e all'irrilevanza politica. Infatti hanno
già iniziato a cannibalizzarsi. Riemergono gli antichi vizi della sinistra
peggiore, settaria e livorosa, triste e perdente. D’Alema e Bersani ne sono i
degni rappresentanti, e la condurranno all'ennesima, prevedibile sconfitta.
sabato 18 marzo 2017
Difendiamo l'Europa
Fermiamo questa ondata di nichilismo. Difendiamo l'Italia e l'Europa.
martedì 14 marzo 2017
De Magistris, peggiore del pessimo
Ho sempre
avuto una pessima considerazione di Luigi De Magistris, ma mi sbagliavo: è
ancora peggiore di quanto pensassi. Il sindaco di Napoli ha sfoggiato, in
questi giorni, tutti i difetti e i vizi tipici della politica e della storia d’Italia.
Costui non è solo un demagogo e un giustizialista come tanti altri: è anche un
violento, cinico e privo di scrupoli, che strizza l’occhiolino ai più
estremisti, dichiara di “stare dalla loro parte” - cioè li difende e li copre
politicamente - salvo poi prendere le distanze quando le cose finiscono male, e
imputare a non meglio identificati “infiltrati” la responsabilità di fatti
gravi e pericolosi, degli scontri e dei numerosi feriti e contusi (soprattutto
fra le forze dell’ordine).
Insomma De
Magistris tira il sasso e poi nasconde la mano, come è tipico dei politicanti e
degli arruffapopolo.
Persino Di
Pietro una volta ebbe a dire, in riferimento al personaggio: “Anch’io ho fatto
arrestare molte persone, in vita mia; però alcune riuscivo anche a farle
condannare, ogni tanto, mentre lui…”. Mentre lui no: come pubblico ministero De
Magistris ha incarcerato tanta gente risultata innocente, ha collezionato un fiasco
giudiziario dietro l’altro, si è fatto una enorme pubblicità sulla pelle delle
sue vittime, poi si è buttato in politica con grande successo, approfittando
del vuoto venutosi a creare dopo la caduta di Berlusconi e della crisi sociale
di Napoli.
Se c’è una
cosa veramente inaccettabile, negli scontri di Napoli di questi giorni, è l’eterno,
becero ricorso alla “teoria della provocazione”. Un partito o un personaggio
politico – non importa quali – intende organizzare una manifestazione, ma il
fatto viene bollato come “provocazione”. Di conseguenza, sulla base di questo
giudizio arbitrario, viene contestato e negato l’esercizio di fondamentali
diritti costituzionali. Si organizzano manifestazioni contro la libertà di
manifestazione, si parla contro la libertà di parola, il primo cittadino invita
i cittadini a mobilitarsi contro la legge e l’ordine pubblico.
Poi arrivano
gli scontri e le violenze e De Megistris la butta in caciara: “Lo avevo detto
che sarebbe finita male, ma non mi hanno voluto ascoltare”, “E’ tutta colpa
degli infiltrati” e ovviamente “Io non sto con i razzisti”, per rivendicare l’assurda
pretesa di negare i diritti altrui.
Questo è De
Magistris: un paladino della prevaricazione, un fautore dell’aggressione giudiziaria,
politica e ora anche fisica ai diritti costituzionali degli avversari. Un
estremista giacobino.
Anche i
grillini sono così, ma finora, di fronte alle violenze di piazza, si sono
sempre fermati. Invece sabato scorso, a Napoli, De Magistris e i suoi hanno
superato anche questa sottile linea di demarcazione. Un altro piccolo ma significativo passo
verso il degrado politico e civile italiano.
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