Qui di seguito, la mia recensione di Il caso Morel, di Rubem Fonseca (Fazi Editore) apparsa sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 21 giugno.
“Mi
serve il suo aiuto – Mi dica che posso fare – Devo scrivere un libro. Matos non
gliel’ha detto? – Mi ha detto che voleva parlare con uno scrittore – Mi serve
aiuto per scriverlo”.
Rubem
Fonseca (1925-2020) fa ricorso al classico espediente del “romanzo nel romanzo”,
in questo suo noir di esordio del 1973, trovando subito grande successo e
popolarità in Brasile e all’estero. Ora Il caso Morel viene pubblicato per la
prima volta in Italia, anche se certo non susciterà lo scandalo di
cinquant’anni fa.
Fonseca
fu effettivamente un ex commissario di Polizia che divenne scrittore, esattamente
come il suo personaggio Vivela, che incontra in carcere Paul Morel, artista
maledetto e trasgressivo, accusato di aver massacrato di botte una sua giovane
amante.
A
mano a mano che Morel passa a Vivela le sue pagine, ne emerge un mondo torbido,
popolato da prostitute disperate, ricchi depravati, artistoidi frustrati, maniaci
sessuali. Morel racconta la sua versione dei fatti, fino al ritrovamento del
cadavere della ragazza. Ma chi l’ha uccisa? La polizia sembra non avere dubbi,
Vivela non è convinto e continua a indagare. Al momento del delitto, Morel
convive con tre donne e un bambino in una sorta di strampalata “famiglia”
poligamica e lussuriosa: una prostituta-madre, un’aspirante artista e una
contestatrice ribelle di origini borghesi. Il sesso domina su tutto il romanzo,
con descrizioni forti e crude.
“Come
siete finite qui? – Abbiamo sentito che stasera ci sarebbe stato un casino da
urlo e siamo venute. Davvero non ti va di fare niente? – Nel frattempo Guilherme
si scopava Monica. Sono rimasto un po’ a guardarli e non mi è piaciuto affatto.
Decisamente non ero un voyeur. Che ne diresti di un sessantanove verticale? ha
detto Diana. Oggi no, sono a pezzi, le ho risposto”.
Quando
Morel esaurisce il suo racconto, il romanzo si complica. Ai personaggi narrati
nel manoscritto subentrano quelli “veri”, ognuno con un nome diverso e con una
diversa versione dei fatti. Vivela procede a tentoni, in una Rio ricca e
degradata, popolata da personaggi
ambigui. Fino alle ultime pagine, protagonista e lettori brancolano nel buio.
“Al
contrario dell’opinione diffusa, pensare, guardare, agire in modo intensamente
e costantemente erotico non provoca un calo dell’impulso sessuale, né rende il
sesso qualcosa di molesto, faticoso o stomachevole – dice Gomes – Più mangiamo,
più mangiare ci piace e vogliamo farlo. Lo stesso accade con il sesso, non si
arriva mai a un punto di saturazione”.