venerdì 9 giugno 2023

In alto, di Thomas Bernhard (Guanda)

Qui di seguito, la mia recensione di "In alto", di Thomas Bernhard (Guanda) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri. 

“Nella sala delle udienze mi sento soffocare, esco, corro per le strade, il mio articolo si fa sempre più conciso, un buon articolo su una storia sporca, sono incapace di salutare, sono incapace di tutto, dopo aver scritto il mio articolo un cieco furore mi spinge a correre per ore in città”.

Thomas Bernhard ha soli 28 anni, e in effetti collabora proprio come cronista giudiziario con un giornale di Salisburgo, quando scrive questo “In alto” (1959) romanzo giovanile che però vedrà la luce solo trent’anni più tardi, alla morte dell’autore. Il volume presenta un sottotitolo che è tutto un programma, “Tentativo di salvezza, nonsenso”: a posteriori, sembra il manifesto letterario dell’introverso e scontroso scrittore austriaco. L’intera opera bernhardiana, infatti, è caratterizzata da una congenita aporìa. I suoi romanzi si presentano come tragedie annunciate, condanne senza appello, prigioni senza via di fuga. Qualsiasi tentativo di salvezza appare insensato e vano.

“In alto” è un romanzo senza trama, dal ritmo sincopato e rapsodico, che anticipa i temi ricorrenti di Bernhard: l’isolamento claustrofobico, la nevrosi, l’incapacità di comunicare, la predestinazione alla sconfitta, il suicidio. L’Io Monologante di Bernhard qui si muove a tentoni, annaspa, si impunta, inveisce, ma il suo malessere interiore è insormontabile.

“Pensieri si addensano nella mia mente e rifiutano di essere registrati, quanto vale un pensiero registrato nel mio cervello? Emergono, affondano”.

Bernhard ricorre a una prosa allucinata, mediante un uso compulsivo della virgola, degli stacchi, degli incisi, per rendere efficacemente il processo mentale erratico e disturbato di un giovane uomo privo di equilibrio psichico. Anche i vari personaggi che costellano la narrazione, non sono in realtà che interlocutori occasionali, espedienti narrativi che consentono di descrivere, per contrasto, la personalità solipsista del protagonista: “Ubbidire con la massa, distruggere con la massa, annientare con la massa, colare a picco con la massa”.

Non mancano, in questo romanzo giovanile, espliciti riferimenti all’universo kafkiano: “Anch’io dunque devo comparire davanti a un tribunale, devo comparire davanti a un’intera corte di giustizia, mi cercherò il tribunale più severo che esiste, un tribunale che mi distrugga finché non resti più nulla di me, il tribunale emetterà il giudizio che mi spetta, si riunirà a porte chiuse e mi assegnerà a un porcile, un porcile per uomini, destinato a creature della mia specie”.

Nessun commento:

Posta un commento