«Io sono ateo, non ne ho mai fatto mistero. La mia passione per questa causa non nasce da un particolare interesse per l’ebraismo, bensì dall'esigenza tutta politica di difendere l’unica oasi di democrazia del Medio Oriente allargato, una regione in cui i diritti civili sono inesistenti. È un grande onore per me essere stato eletto presidente dell’UDAI». (...)
Gli europei non conoscono né la storia di Israele né la geografia del Medio Oriente, per non parlare della complessa situazione politica dell’area, in continuo mutamento. Si tratta quindi per noi di far conoscere la realtà di Israele al di là di come viene vissuta nell'immaginario collettivo occidentale. Abbiamo il dovere di raccontare Israele non solo per le sue eccellenze, ma anche nella sua vita quotidiana, all'interno di una dimensione democratica. Insomma, si tratta di smontare pregiudizi e luoghi comuni... (...)
La vera priorità, per Israele, è rappresentata dalla minaccia iraniana e dall'espansionismo sciita, la cui area di influenza arriva direttamente fino al Mediterraneo. Un potere immenso, mai avuto prima d’ora dagli sciiti. (...)
A questo link, il testo integrale della mia intervista a Mosaico, il bollettino della Comunità ebraica milanese.
http://www.mosaico-cem.it/comunita/insider-associazioni/litta-modignani-laico-non-ebreo-combattero-difendere-israele-la-sua-legittimita-esistere
lunedì 27 novembre 2017
mercoledì 8 novembre 2017
"La mia stagione è il buio", di Cristina Caloni
Dice qualcosa e merita attenzione il breve romanzo d’esordio di
Cristina Caloni (1978) ambientato fra l’Italia e Londra. “La mia stagione è il
buio” è incentrato sulla personalità dissoluta e schizoide di Julian, personaggio
ispirato alla vicenda dolorosa e tragica di un amico dell’autrice,
prematuramente scomparso.
Il protagonista ci avverte alla prima riga: “Fuggire da me stesso è
stato sempre il mio passatempo preferito”. Perciò stentiamo a credergli, quando
si autoproclama “assassino seriale”, a maggior ragione se lo vediamo assistere,
seminascosto, al proprio funerale. “Vi saluto, sono morto. (…) Questo racconto
è un epitaffio sarcastico”, spiega. (...)
La seconda parte del romanzo ha per scenario una Londra colta e sofisticata.
Julian improvvisa un party elegante e affollato, in cui questo misterioso italiano,
padrone di casa, si fa trovare al pianoforte ed esercita sulle donne ospiti un
fascino irresistibile. Prima del loro arrivo, del resto, si era già strapazzato
la cameriera. (...)
Quella di Julian è una lucida follia, le sue parole non resteranno
prive di conseguenze: “E’ assurdo pensare che chi uccide sia pazzo, spesso è
soltanto cattivo o molto razionale, come me: la gente non riesce ad accettare
questa verità”.
A questo link, la mia recensione completa di "La mia stagione è il buio", pubblicata sul quotidiano Il Foglio di martedì 7 novembre.
http://www.ilfoglio.it/libri/2017/11/07/news/la-mia-stagione-e-il-buio-161855/
lunedì 6 novembre 2017
"L'uomo che voleva uccidere Hitler"
Claus von Stauffenberg non era affatto un progressista, e forse neanche un democratico.
Era un ufficiale della Wehrmacht, tipicamente di origine aristocratica, nel
solco della grande tradizione prussiana e guglielmina. Ai suoi occhi, la
Repubblica di Weimar non fu altro che un periodo di debolezza e disordine. Guardava
con distacco al nazismo. Le offensive in Polonia e in Francia gli parvero un
riscatto dovuto, rispetto all’iniquo trattato di Versailles. Solo più tardi,
di fronte agli orrori, agli eccidi, ai crimini del nazismo e alle follie di
Hitler, l’ufficiale si rese conto di come il suo “dovere” fosse ben altro. (...)
La fortuna non premia i congiurati. L’ufficiale riesce a innescare una
sola delle due cariche esplosive; la riunione si tiene non nel bunker ma in una
baita in legno; la borsa con l’esplosivo viene casualmente spostata; quattro
uomini muoiono nell’attentato, ma Hitler è solo leggermente ferito; a Berlino, l’operazione
Valchiria parte con un leggero ritardo, sufficiente però a far sapere che il
Fuhrer è vivo.
L’estremo tentativo del popolo tedesco di scindere il proprio destino
da quello, ormai segnato, del regime nazista, è fallito. Stauffenberg non
salverà l’onore della Germania, ma solo il proprio, insieme a quello di
migliaia di oppositori che saranno fucilati nei mesi successivi. Se l’attentato
fosse riuscito, ci ricorda Peter Stenbach, 20 milioni di vite umane sarebbero
state risparmiate.
A questo link, la mia recensione completa di "L'uomo che voleva uccidere Hitler", di Peter Steinbach, pubblicata su Il Foglio di mercoledì 25 ottobre.
http://www.ilfoglio.it/una-fogliata-di-libri/2017/11/06/news/l-uomo-che-voleva-uccidere-hitler-161612/
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