Qui di seguito, la mia recensione di "Il poeta e il combattente - La lotta segreta degli ebrei lituani", di Joseph Harmatz (Rubbettino) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.
Il
23 settembre 1943 il diciottenne Joseph Harmatz, nome di battaglia Julek, fugge
attraverso le fogne dal ghetto di Vilnius e si unisce alla resistenza lituana nelle
foresta.
Davvero
una vita epica e straordinaria, quella del combattente Harmatz, indissolubilmente
legato all’amico e compagno di lotta Abba Kovner, poeta e scrittore fra i più
celebrati nella storia di Israele. A molti anni distanza dal Male Assoluto,
ormai anziano, il protagonista decide di tornare sui luoghi dell’orrore:
accompagnato dal figlio, viaggia attraverso i tre paesi baltici, dove ogni toponimo
evoca eventi abominevoli, che tutti dovrebbero conoscere e ricordare.
Dei
duecentomila ebrei lituani, più di 136.000 sono assassinati nei primi cinque
mesi di occupazione tedesca, nel secondo semestre del ’41, per lo più fucilati
nelle foreste circostanti ai “campi di lavoro” e sepolti in grandi fosse comuni,
per mano anche di molti scrupolosi collaborazionisti autoctoni.
A
Vilnius, gli ebrei sono rinchiusi nel ghetto. Molti anni dopo Kovner,
testimoniando al processo Eichmann, dirà che tutti loro sentivano di scontare
un “triplice isolamento”: la separazione fisica imposta dai nazisti, l’odio antisemita
degli ex vicini di casa e, oltre ancora, l’indifferenza del mondo intero. Harmatz,
pur giovanissimo, capisce che il destino è segnato e decide di ribellarsi,
arruolandosi fra i resistenti. Kovner esorta gl ebrei a non farsi portare come
pecore al macello, si crea una dolorosissima frattura fra i combattenti e lo Judenrat
(il Consiglio ebraico) che si illude di poter salvare almeno alcune vite,
trattando con il comando tedesco. Una divisione abilmente pilotata dai nazisti,
fino alla liquidazione totale del ghetto.
Joseph,
proprio per aver scelto l’opzione più rischiosa, si salva, mentre i suoi due
fratelli scompaiono inghiottititi dalla Shoah. Anche la madre è deportata, il
figlio la crede morta ma miracolosamente la ritroverà a guerra finita e “saliranno”
insieme in Israele. Mentre si realizza il sogno sionista, Harmatz e altri danno
vita al gruppo dei Vendicatori: il progetto di avvelenare l’acquedotto di
Norimberga fortunatamente non va a buon fine, altri tentativi avventati
svaniscono con poche conseguenze.
Il combattente si dedica allora a compiti civili: lavora nella Compagnia elettrica palestinese, poi nell’Agenzia ebraica e nel Mossad. Organizza l’emigrazione clandestina degli ebrei dal Nord Africa in Israele, nel ’56 è a Ginevra ad aiutare le comunità ebraiche in pericolo in tutto il mondo. Una storia di dolore, rivolta, riscatto, ricostruzione e speranza.