sabato 18 febbraio 2017

Risposta a Nissim (e agli altri)

Gabriele Nissim ha respinto con molto garbo e fermezza le mie critiche, ma io le ribadisco con altrettanta convinzione. Intendiamoci bene: iniziative come il Giardino dei Giusti, per esempio, hanno un alto valore morale e di testimonianza. Questo lo do per scontato e non si tratta di un espediente retorico. Nel mio blog precedente ho voluto però rimarcare l’esigenza di un approccio completamente diverso, quello politico rispetto a quello morale - che porta a conclusioni diverse, a volte addirittura opposte - come cercherò di dimostrare.

Primo. Non ho scritto un reportage giornalistico sull’incontro di martedì sera al Parenti. Non avevo un dovere di completezza rispetto ai vari interventi della serata, e non mi sono affatto “dimenticato” (come ha scritto Gabriele) di Hamadi ben Abdessalem, l’eroico tunisino che ha salvato tante vite italiane al Museo Bardo di Tunisi. La sua è stata una testimonianza toccante. Solo, io considero ben più rilevanti, da un punto di vista politico appunto, gli interventi di Olivier Roy e di Alberto Negri. E non mi considero affatto “fazioso”, come ha scritto qualcuno, se sottolineo alcune cose e ne trascuro altre. Valuto le cose secondo la loro importanza, come tutti. Aggiungo, per essere ancora più chiaro, che considero il fatto di andare in Israele a piantare un albero, in segno di pace, un gesto di alto valore simbolico, culturale e morale, particolarmente coraggioso da parte di un arabo-musulmano. Posso permettermi sommessamente di fare notare che si tratta di una felice eccezione, e che la regola è purtroppo un’altra? E che, se questo gesto è possibile, è perché Israele esiste? E che, se Israele esiste, è grazie al suo forte esercito…?

Secondo. Non condivido affatto e anzi respingo nella maniera più ferma l’approccio “sociologico” di Olivier Roy (anche qui, rimando al mio blog precedente). Lo contesto alla radice. Il fatto che i terroristi sin qui individuati siano di scarsa educazione religiosa e culturalmente emarginati, assolutamente non rileva, ai fini della lotta al terrorismo. Sono musulmani i loro mandanti, le organizzazioni che li armano, coloro che li usano come burattini. Questa è la matrice profondamente “religiosa” del terrorismo islamista, rispetto alla quale le politiche di integrazione – le moschee “aperte” indicate da Roy - non sono una risposta. L’integrazione è una risposta all’immigrazione, non al terrorismo. Fra l’altro, la tesi del c.d. “analfabetismo religioso” è la stessa sostenuta in TV con grande enfasi da Sumaya Abdel Qader e dal suo ambiente, ed è facile intuirne la ragione: perché spiana la strada alla strategia di sistematica penetrazione politico-religiosa della Fratellanza Musulmana (con le sue varie sigle, derivazioni e diramazioni) nelle società europee. Aggiungo, per buona misura, che anche la tesi tipicamente cattolica sulla c.d. “assenza di valori” dell’Occidente, non mi convince affatto. Di quale “assenza di valori” stiamo parlando? La libertà sessuale, l’autonomia della donna, i diritti degli omosessuali, il diritto di non credere in nessun Dio, sono valori fondativi della civiltà occidentale, o no? E’ anche, anzi soprattutto contro queste libertà, considerate disvalori, che il fondamentalismo islamista muove guerra all’Occidente. La Chiesa cattolica, come sempre, cerca di portare acqua al suo mulino.

Terzo. Altrettanto fermamente ho contestato l’analisi di Alberto Negri, tutta incentrata sulla tesi delle “colpe dell’Occidente”. Negri ha citato il colonialismo, io ho ricordato che i paesi teatro delle atroci guerre contemporanee hanno subìto cinque secoli di dominazione ottomana. E’ giusto tralasciare questo “dettaglio”? Non ho ricevuto risposta, su questo punto. Nissim nella sua replica sembra piuttosto dare ragione a Negri, pur precisando che nessuna ragione giustifica il ricorso al terrorismo: ancora una volta, un argomento “morale” e non politico. Invece io continuo a pensare che Negri abbia torto, e che l’eterno riflesso di interrogarci sulle nostre colpe indebolisca le nostre capacità di reazione. Esco da questa discussione rafforzato nella mia convinzione circa la “falsa rappresentazione della realtà” insita in molte iniziative di Gabriele Nissim, pur lodevolissime dal punto di vista della coscienza individuale.

Alle mie critiche ho ricevuto reazioni assai diverse. Oltre a quella gentile di Nissim, sono stato accusato di essere “fazioso”, di avere “insultato” (???) persone autorevolissime, di ragionare sulla base di “slogan” e di sollevare “polemicucce”. A tutti costoro credo di avere risposto punto per punto. Ho ricevuto anche molti consensi, in pubblico e in privato, da parte di amici che conoscono Gabriele da anni, e che individuano nella sua azione gli stessi ben evidenti limiti che io ho indicato. Nel mio intimo, questi compensano quelli e tanto mi basta. Ringrazio infine Andrée Ruth Shammah, instancabile animatrice del Teatro Franco Parenti di Milano, senza il cui impegno questa discussione non avrebbe mai avuto luogo.

mercoledì 15 febbraio 2017

"La soluzione? Aprire tante moschee!"

Ieri sera, al teatro Franco Parenti di Milano, è andata in scena una rappresentazione edulcorata, sostanzialmente falsa, della realtà. So di dare un grande dispiacere al mio caro amico Gabriele Nissim, al quale sono affezionatissimo, ma voglio ribadire fermamente che i buoni propositi e i buoni sentimenti non bastano. Anzi, a volte sono ingannevoli o addirittura controproducenti, e ci portano su una strada sbagliata e pericolosa.
Il tema era “La battaglia culturale contro il terrorismo fondamentalista”. Il sociologo francese Olivier Roy, che ha studiato i casi dei circa 150 terroristi “conclamati” di questi ultimi anni, è giunto alla conclusione che costoro avevano ben scarse basi culturali e religiose. E’ stato citato l’esempio emblematico dei due fratelli che, nel quartiere belga di Moellenbeck, gestivano un bar nel quale “vendevano birra sul banco e hashish sotto il banco” e che avevano ricevuto scarsa o nessuna educazione musulmana. Erano soggetti socialmente “deboli” e non integrati. Ma questo, gentile professore, non dimostra nulla. Sono i mandanti delle stragi, LORO, che hanno agito in base a motivazioni e finalità politico-religiose di stampo terrorista. Questa, è la vera matrice del terrorismo islamista che insanguina oggi l’Europa. E sui mandanti, il professor Roy non ha potuto svolgere nessuna inchiesta sociologica, visto che sono tuttora sconosciuti e impuniti.
Dunque la soluzione proposta da Roy, di costruire “tante moschee veramente aperte alla società”, per educare allo spirito del “vero Islam” (quale?) e realizzare così una “reale integrazione” dei giovani musulmani, suona masochistica e beffarda.
Non si può negare a nessuno la libertà di professare la propria religione, ci mancherebbe; ma non si può nemmeno pretendere che le democrazie collaborino con disinvoltura alla propria distruzione, in nome del rispetto di un diritto astratto, che si traduce in un attacco mortale e concreto alla libera convivenza.
Altrettanto non condivisibile è stato l’intervento di Alberto Negri, giornalista de Il Sole–24 Ore, che ha ripreso il solito ritornello sulle storiche “responsabilità dell’Occidente”: gli Amerikani cattivoni, l’imperialismo, il colonialismo eccetera. Almeno stavolta ci sono state risparmiate le Crociate. Resta il fatto incontrovertibile, caro Negri, che le guerre attuali – costate centinaia e centinaia di migliaia morti – hanno avuto per teatro la Libia, la Siria, il Libano, l’Iraq: tutti paesi che hanno scontato CINQUE SECOLI di dominazione ottomana. Come la mettiamo? Non era forse una dominazione musulmana, che nulla aveva a che fare con il colonialismo, l’imperialismo, il capitalismo occidentale? Oppure tu pensi, esimio collega, che alcune barbarie abbiano una valenza particolare, e altre nessuna…? Che fine hanno fatto, tanto per dire, i cristiani d’Oriente? Ecco una buona domanda che laici e cristiani di Occidente dovrebbero porsi.
E’ giusto guardare al passato, per capire il presente. E’ giusto riconoscere le proprie colpe: con il colonialismo forse abbiamo toccato il fondo dell’Abisso. Ma di fronte alla minaccia attuale, l’unica domanda che è lecito porsi è: come possiamo difenderci? Difenderci dai nemici reali e non da quelli immaginari; difenderci con razionalità ed efficacia, e non in base a istinti primordiali e incontrollati; difenderci con determinazione e senso della misura, preservando lo stato di diritto ed evitando vittime innocenti.
Ma occorre difendersi. Altrimenti ci si rende complici, per inconsapevolezza e autolesionismo, del grande suicidio collettivo dell’Occidente liberale.



lunedì 6 febbraio 2017

Con Israele. Stasera a Milano, e sempre.

Se negli ultimi tempi ho molto trascurato questo blog, è stato per un motivo preciso: ho dedicato tutto o quasi il mio tempo alla nascita di una nuova, grande associazione a sostegno di Israele a Milano.
Il congresso di fondazione di questa aggregazione si terrà questa sera, lunedì 6 febbraio alle ore 21, presso il Teatro Franco Parenti di Milano (via Pierlombardo 14, Sala “Cafè Rouge”).
Ho preso l’impegno con alcuni amici, e giurato a me stesso, che ne avrei assunto la guida solo se fossi riuscito a raggiungere la soglia simbolica dei 100 iscritti. Questo obiettivo, che non è solo quantitativo, è stato superato di slancio proprio negli ultimi giorni. Gli amici di Israele a Milano hanno dunque raccolto la sfida in poco più di un mese (se si tiene conto della parentesi natalizia). E’ un traguardo importante, che mi carica di responsabilità: si tratta di una delle più grandi associazioni pro Israele in Italia e di gran lunga la più numerosa a Milano, dove pure operano attivamente altri gruppi.
La nostra Associazione Milanese Pro Israele sarà innanzitutto laica, aperta a tutti e politicamente trasversale. Nasce composta in maggioranza da non ebrei e anche questo è un buon segnale: triste il giorno in cui gli ebrei saranno lasciati soli a difendere Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, il solo fazzoletto di terra in quell'area dove siano rispettati i diritti dell'individuo.
Oggi, come sempre, Israele vive in una condizione di minaccia incombente. E’ insidiato dal nazionalismo arabo, dal fondamentalismo islamico, dal fanatismo terrorista. Mantiene un trattato di pace con l’Egitto (ma ci è mancato poco…) e con la Giordania, mentre resta sotto il tiro dei razzi di Hamas, dei missili di Hezbollah, per non parlare della incognita mortale del nucleare iraniano. “Un mondo senza sionismo” è ancora il sogno di molti, perciò noi abbiamo il dovere civile e morale di contrastarlo. In Europa, Israele è sottoposto alla pressione della ingiusta e dissennata campagna “BDS” (Boycott, Divestment, Sanctions) lautamente finanziata da alcuni potenti Stati arabi, odiosa al punto da evocare ben altre discriminazioni e ingiustizie patite dal popolo ebraico nel corso del Novecento.

Noi racconteremo un Israele diverso: democratico, pluralista, tollerante, culturalmente vivace ed economicamente dinamico, meraviglioso da visitare, in cui è bello vivere. Cercheremo di descrivere la realtà e di restituire alla verità il primato che le spetta. E discuteremo di pace, per quanto evanescente, vaga e vana possa suonare oggi questa parola.