Martin Brenner porta le ceneri di sua madre Maria in riva al mare per
disperderle al vento, secondo la volontà della defunta. Lo accompagnano l’amata
moglie Cristina e la loro piccola Sara. L’immagine iniziale della bella
famiglia borghese, dolce e idilliaca, è destinata a essere travolta da una
sconvolgente rivelazione: in una lettera al figlio, Maria racconta di essere
un’ebrea sopravvissuta ad Auschwitz e che in realtà il suo vero nome è Gertrud.
Il padre che Martin non ha mai conosciuto era anch’egli ebreo, ma Maria ha
preferito crescere Martin da sola, per impedire che il figlio fosse ebreo e preservarlo
così da eventuali nuove persecuzioni. (...)
Larsson
dipinge un quadro a tinte fosche della società contemporanea, in una visione
tipica dell’intellettuale “liberal” europeo. I fatti potrebbero svolgersi in un qualunque paese del Vecchio
continente, dove dilagano nazionalismo e populismo, xenofobia e razzismo,
islamofobia e violenza antisemita. L’odio scorre rapido come un fiume in piena,
veicolato da Facebook e dai talk-show televisivi. (...)
Martin
pagherà a carissimo prezzo le sue illusioni e i suoi errori: “Forse aveva
ragione Samuel, quando gli aveva detto che scegliere di non essere ebreo non
sarebbe stato facile come immaginava. Avevo l’impressione che, raccontando,
Martin cominciasse a rendersi conto di avere sopravvalutato la possibilità di
decidere da solo chi era”. (...)A questo link, la mia recensione completa di "La lettera di Gertrud", di Bjorn Larsson (Edizioni Iperborea), pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.
https://www.ilfoglio.it/una-fogliata-di-libri/2019/04/17/news/la-lettera-di-gertrud-bjorn-larsson-una-fogliata-di-libri-250074/?fbclid=IwAR2vLePmi-IQdg-4nLf2gbg54INDYfEuhTOQpAnxI01-w6JFkhkyl1nYc4s