giovedì 18 aprile 2019

"La lettera di Gertrud", di Bjorn Larsson

Considerato forse il maggior scrittore svedese vivente, Bjorn Larsson torna al centro dell’attenzione della critica con un romanzo di bruciante attualità. (...)

Martin Brenner porta le ceneri di sua madre Maria in riva al mare per disperderle al vento, secondo la volontà della defunta. Lo accompagnano l’amata moglie Cristina e la loro piccola Sara. L’immagine iniziale della bella famiglia borghese, dolce e idilliaca, è destinata a essere travolta da una sconvolgente rivelazione: in una lettera al figlio, Maria racconta di essere un’ebrea sopravvissuta ad Auschwitz e che in realtà il suo vero nome è Gertrud. Il padre che Martin non ha mai conosciuto era anch’egli ebreo, ma Maria ha preferito crescere Martin da sola, per impedire che il figlio fosse ebreo e preservarlo così da eventuali nuove persecuzioni. (...)
Larsson dipinge un quadro a tinte fosche della società contemporanea, in una visione tipica dell’intellettuale “liberal” europeo. I fatti potrebbero svolgersi in un qualunque paese del Vecchio continente, dove dilagano nazionalismo e populismo, xenofobia e razzismo, islamofobia e violenza antisemita. L’odio scorre rapido come un fiume in piena, veicolato da Facebook e dai talk-show televisivi. (...)
Martin pagherà a carissimo prezzo le sue illusioni e i suoi errori: “Forse aveva ragione Samuel, quando gli aveva detto che scegliere di non essere ebreo non sarebbe stato facile come immaginava. Avevo l’impressione che, raccontando, Martin cominciasse a rendersi conto di avere sopravvalutato la possibilità di decidere da solo chi era”. (...)

A questo link, la mia recensione completa di "La lettera di Gertrud", di Bjorn Larsson (Edizioni Iperborea), pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.
https://www.ilfoglio.it/una-fogliata-di-libri/2019/04/17/news/la-lettera-di-gertrud-bjorn-larsson-una-fogliata-di-libri-250074/?fbclid=IwAR2vLePmi-IQdg-4nLf2gbg54INDYfEuhTOQpAnxI01-w6JFkhkyl1nYc4s

mercoledì 3 aprile 2019

"La stella e la mezzaluna", di Vittorio Robiati Bendaud

Qui di seguito, la mia recensione di "La stella e la mezzaluna - Breve storia degli ebrei nei domini dell'Islam", di Vittorio Robiati Bendaud (Guerini e Associati) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.

“Il primo secolo delle conquiste arabo-islamiche, estremamente celeri ed eccezionalmente vaste, corrispose a uno spartiacque nella storia dell’umanità; un evento unico, che mutò radicalmente le sorti del mondo”. Muove da questa basilare considerazione l’interessante saggio storico-religioso che Vittorio Robiati Bendaud dedica ai tormentati rapporti fra Islam e popolo ebraico.
La vita degli ebrei nei domini islamici è caratterizzata soprattutto dall’istituto giuridico-teologico della Dhimma, l’ambiguo “patto di protezione” che costringeva gli ebrei a versare un tributo con umiliazione, in una condizione sospesa “fra riconoscimento e svilimento, tra accettazione e sottomissione, tra discriminazione e persecuzione”.
L’espansione islamica rivela fra l’altro un particolare paradosso: la civiltà “giudaico-cristiana”, come oggi la intendiamo, è di nascita relativamente recente, preceduta da un lunghissimo periodo di persecuzioni; viceversa, la convivenza dell’ebraismo in seno all’Islam dura assai più a lungo e in profondità – e si conclude solo alla metà del Novecento.
Quando l’Islam muove alla conquista della Spagna, ad esempio, i cripto-ebrei sopravvissuti accolgono gli arabi come liberatori. Dopo la breve parentesi del califfato di Cordova, aperto e tollerante, seguiranno un po’ ovunque atroci persecuzioni, a testimoniare che il cosiddetto “periodo andaluso” non fu affatto così buono, come idealizzato da una certa storiografia.
Secoli più tardi, con la conquista di Costantinopoli, l’impero ottomano diviene la più grande potenza mondiale, e di nuovo gli ebrei collaborano alla sconfitta dei cristiani, loro storici persecutori. Gli ottomani accolgono favorevolmente l’immigrazione ebraica cacciata da Spagna e Portogallo; i sefarditi trovano accoglienza a Salonicco, a Rodi, nella stessa Costantinopoli e un po’ ovunque. Dopo il 1517, molti tornano a Gerusalemme e in “Eretz Israel”. Gli ebrei vengono così a costituire un “Millet”, una comunità autonoma in seno all’impero, come gli armeni e i greci, con i quali spesso si troveranno a condividere la sorte.
Nella seconda parte del saggio, l’autore tratta delle successive, sistematiche persecuzioni e massacri che gli ebrei patiscono in terra musulmana, fino al 1917 – esattamente quattro secoli dopo - quando gli inglesi liberano Gerusalemme dagli ottomani e si impegnano nella dichiarazione Balfour. Tutto ciò che per gli ebrei costituisce una speranza di liberazione - gli Stati nazionali, la modernità, il diritto, la laicità, le libertà individuali - per gli arabi è tradimento e complicità con il colonialismo: l’Islam è teocratico e dunque non secolarizzabile. Con la nascita di Israele, scompaiono tutte le comunità arabo-giudaiche e, con esse, l’intero ebraismo orientale.