lunedì 8 gennaio 2024

"Un genocidio culturale dei nostri giorni", AA.VV., (Guerini)

Qui di seguito, la mia recensione di "Un genocidio culturale dei nostri giorni", AA.VV., (Guerini) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di sabato 6 gennaio. 

“Negli ultimi trent’anni l’Azerbaigian ha causato la distruzione irreversibile del patrimonio religioso e culturale, in particolare nella Repubblica autonoma del Nakhichevan, dove sono state distrutte 89 chiese armene, 20.000 tombe e oltre 5.000 lapidi”: così il Parlamento europeo, che con la Risoluzione del 10 marzo 2022 esprime la sua ferma condanna per la sciagurata politica distruttiva del governo di Baku.

Allo scopo di documentare dettagliatamente lo scempio avvenuto, e con la recondita speranza di scongiurarne uno nuovo e peggiore, Antonia Arslan e Aldo Ferrari curano la pubblicazione di questo volume, che raccoglie testi di un qualificato gruppo di letterati, archeologi e studiosi. L’opera è volta a dimostrare che “la piccola e quasi sconosciuta regione del Nakhichevan – attualmente Repubblica autonoma all’interno dell’Azerbaigian – sia stata per millenni parte integrante del territorio e della cultura dell’Armenia”, prima del genocidio degli inizi del Novecento.

Emblematica, in questo senso, la distruzione dell’antica necropoli medievale di Giulfa, storico centro armeno sul fiume Arasse (al confine con l’Iran) che ancora all’inizio del ‘900 contava ben 18 chiese. Questa vasta necropoli era caratterizzata dalla presenza di migliaia di khachkar, le grandi “croci di pietra” scolpite e decorate, emblema storico della presenza dell’Armenia cristiana. Dopo gli scempi di epoca sovietica, nel 1998 l’Azerbaigian decide di procedere a una sistematica eliminazione delle grandi lapidi, che vengono abbattute, fatte a pezzi, polverizzate, portate via o buttate direttamente nel fiume Arasse da reparti regolari di soldati dell’esercito azero. “Queste fasi - scrive Martina Corgnati - sono tutte documentate e fotografate da rappresentanti della Chiesa armena, giornalisti e storici dell’arte iraniani e internazionali, spettatori impotenti del tetro spettacolo che si svolgeva sull’altra riva del fiume”.

L’esigenza di non dimenticare questo insieme di devastazioni è tanto più forte e pressante, in quanto collegata al rischio concreto che, dopo la vittoria lampo del 2020 e la recente pulizia etnica del settembre scorso, l’Azerbaigian intenda ripetere nel Nagorno Karabakh – che gli armeni hanno sempre chiamato Artsakh – la stessa politica di spopolamento e genocidio culturale già condotta nel Nakhichevan.

Se tutto ciò riguarda passato e presente, ancora più preoccupanti sono le prospettive future. Nei bellicosi proclami di Baku, sempre più spesso l’intero territorio della Repubblica d’Armenia viene denominato “Azerbaigian occidentale”, cioè rivendicato come appartenente di diritto agli azeri. E’ del 2010 la pubblicazione ufficiale di un libro dal sinistro titolo Il khanato di Erevan. Nella prefazione, l’attuale presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, scrive: “Erevan fu consegnata all’Armenia dai russi, ma la maggior parte della popolazione era azera. Perciò, dal punto di vista storico, questa terra è nostra”.


5 commenti:

  1. Un ennesimo territorio privato della sua storia come se il passare del tempo debba necessariamente cancellare, non “modellare”. Terribile la storia che dimentica e fa dimenticare. Non deve accadere. Preziosi tesori che scompaiono, assorbiti, privati della Storia e dalla Stiria.

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    1. purtroppo è così. perdite di inestimabile valore, che seguono alla infinita massa di vite sterminate. questo sembra essere il tragico destino dell'antichissimo popolo armeno, circondato da nemici potenti e crudeli.

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  2. Ho trovato dei libri di Aldo Ferrari in biblioteca, trattano del Caucaso.

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  3. Ciao Alessandro, grazie per la risposta! Quando posso, ti chiamo.

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